giovedì 9 ottobre 2008

Le crisi di crescita


Milano. Dirlo adesso, mentre il Tesoro e la Fed americani e l’Europa in ordine sparso sfornano piani ultramiliardari per salvare il salvabile del sistema creditizio e le banche di mezzo mondo non sanno se riusciranno a superare i prossimi mesi, sembra un po’ azzardato. Però Didier Sornette, fisico dell’Istituto federale svizzero per la tecnologia ed esperto di rischi, lo dice: le bolle speculative fanno sempre bene, anche se alla fine esplodono e lasciano nei guai gli incauti investitori. Non esistono eccezioni. Il discorso vale per l’ultimissima bolla immobiliare come per l’impennata delle quotazioni petrolifere e per quella dei titoli della new economy.
Il fisico francese, che a Zurigo tiene un corso alla facoltà di economia sul rischio d’impresa, ha chiarito il suo pensiero in un articolo in uscita su una rivista scientifica, il Journal of Economic Interaction and Coordination, il cui contenuto è stato in parte anticipato dal settimanale New Scientist. L’articolo è la sintesi degli ultimi studi di Sornette e di altri risk specialist che hanno collaborato con lui negli ultimi anni all’Università della California e in Svizzera. Uno dei casi più eclatanti di bolla “buona” – spiega lo studioso francese – è quello del Programma Apollo della Nasa, “il più costoso mai affrontato dagli Stati Uniti in tempo di pace, classico esempio di entusiasmo collettivo che si traduce in investimenti e sforzi oltre la soglia della ragionevolezza grazie ad aspettative troppo elevate e a una temporanea riduzione della normale avversione al rischio”. Per Sornette soltanto una dinamica di questo tipo può condurre a investimenti, pubblici o privati, tanto ingenti da generare vero progresso. Senza un abbandono irrazionale alle aspettative della conquista della Luna l’uomo non avrebbe mai sviluppato le sue capacità di ingegneria spaziale e, allo stesso modo, senza l’illusione di guadagni fin troppo facili grazie alla new economy non esisterebbe Internet per come lo conosciamo oggi. Le perdite economiche degli investitori all’esplosione di una bolla sono insomma, secondo il fisico dell’Istituo svizzero per la tecnologia, soltanto un effetto immediato e limitato. Il vero lascito, a medio e lungo termine, di una bolla speculativa è l’arricchimento in termini di conoscenze e infrastrutture e, quindi, la creazione dei presupposti per mantenere e aumentare il benessere economico di tutti.

Un altro libro
“Durante il formarsi di queste bolle – si legge in uno studio di Sornette pubblicato il mese scorso – la gente si assume rischi che in altri periodi non sarebbero giustificati da una normale analisi dei costi e dei benefici. E’ soltanto in questi periodi, però, che le persone osano nella ricerca di nuove opportunità, molte delle quali si rivelano poi irragionevoli e disperate. E’ successo con la ‘nuova economia’ degli anni Venti e di nuovo negli anni Sessanta e infine nel decennio scorso con la “bolla di Internet”. In tutti i casi, “la credenza diffusa che i tempi siano cambiati una volta per tutte, e in meglio, ha portato gli investitori a scommettere sul nuovo”, finendo per perdere soldi ma creare vere innovazioni tornate utili a tutta l’economia nel giro di pochi anni. Il caso di Internet, in questo senso, sarebbe emblematico. Non era quasi nulla, prima della bolla. Adesso, nonostante i miliardi di dollari bruciati dalla bolla dotcom, è quasi tutto. Sornette non è però il solo a credere che gli entusiasmi immotivati del mercato siano tutto sommato positivi. Un libro dello scorso anno del giornalista Daniel Gross (“Pop! Why Bubbles are Great for the Economy”) cita un altro esempio emblematico dell’economia delle bolle, quello delle ferrovie britanniche. Negli anni Quaranta dell’Ottocento l’entusiasmo collettivo per il treno a vapore portò parecchi investitori a puntare i loro risparmi sulle sorti di faraonici progetti ferroviari, non tutti redditizi. Quando il giocattolo si ruppe, parecchi, se non tutti, rimasero senza un penny. Ma da allora il Regno Unito ha una delle più ramificate ed efficienti reti ferrate del mondo.

(© Il Foglio, 7 ottobre 2008)

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