venerdì 19 dicembre 2008

Botti di fine anno


Stavolta c’è da aspettarseli, i botti. E per più motivi. C’è il petrolio che scende pericolosamente verso i trenta dollari al barile: oggi vale già meno di 34. Difficile che chi sul greggio ci campa, come l’Iran, possa sostenere a lungo questo deprezzamento che mina l’economia del regime degli ayatollah e di molti altri produttori della regione. Una crisi internazionale, magari creata ad arte da qualche nuova esternazione del falco Ahmadinejad (o da qualche inopinata azione delle forze armate della Rivoluzione) potrebbe cavare d’impaccio chi sul petrolio fa affidamento per sopravvivere e, magari, per prosperare.
Poi c’è l’affanno, sempre più evidente, dell’economia americana. Gli ultimi dati parlano di un passaggio della crisi da finanza e banche al paese reale. A guardare i numeri, niente di drammatico: la disoccupazione è cresciuta, ma è ancora piuttosto bassa; i consumi sono calati, ma non crollati. Stanno male le aziende decotte, come le tre big di Detroit, ma chi produce in maniera più economica e razionale (come le case giapponesi coi loro stabilimenti del Sud) regge abbastanza bene. A preoccupare, più che altro, sono i segnali che vengono da chi fa la politica economica degli Stati Uniti. La scelta della Fed di tagliare a zero i tassi di interesse – non era mai accaduto – è una scelta da economia di guerra. Non era successo durante la Grande Depressione e nemmeno negli anni terribili dei due conflitti mondiali. Tutto fa però pensare a una riedizione della crisi che colpì l’America tra il 1939 e il 1945, con una differenza: allora lo sforzo bellico tutto sommato aiutò l’economia statunitense a sopravvivere. La tentazione di ripetere la ricetta keynesiana degli investimenti pubblici per “muovere” l’economia, che Obama ha ovviamente già fatto sua, potrebbe così tingersi di grigioverde. Un’emergenza umanitaria o, più probabilmente, una provocazione insopportabile in una regione strategica (per esempio, il medio oriente) potrebbero essere l’occasione per mettere in moto l’industria bellica e dimostrare al mondo che Barack Obama è pronto per il ruolo di commander in chief. E che nessuno, in un momento come questo, può permettersi a lungo di volere davvero la pace.

mercoledì 17 dicembre 2008

Zero idee


La decisione del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, è al limite della follia. Adesso che ha abbassato i tassi a ZERO cosa farà se la crisi economica darà segni di peggioramento? Comincerà a fare bonifici ai bisognosi attingendo dal conto in banca di famiglia? Quel che è certo è che con questa decisione la Fed esce di scena in questa crisi per mancanza di ulteriori mosse a disposizione.
Ma la scelta di Bernanke non è deleteria soltanto perché elimina ogni altra alternativa e ha il sapore doloroso e pauroso dell'extrema ratio (e non a caso oggi il Wall Street Journal parla del numero uno della Fed come di "un giocatore di poker", con poche carte in mano e nemmeno tanto belle, aggiungerei). E', soprattutto, l'ennesimo errore di calcolo della banca centrale americana che non contenta - prima con Greenspan e ora con Bernanke - di aver drogato il mercato con abbassamenti dei tassi di interesse sempre più sconsiderati, non demorde e va avanti per la solita strada, pronta a creare la prossima bolla alla faccia di un mercato che - da solo - si regolerebbe benissimo. Ma è stata quest'euforia indotta, è stato questo ruolo di imbonitore e al tempo stesso di garante dell'ingarantibile svolto nell'ultimo decennio dalla Fed che ha portato alla crisi attuale. Perché, è bene ricordarlo, senza tassi di interesse artificialmente bassi e senza le garanzie sui titoli legati ai subprime (che un investitore razionale privo di rassicurazioni altrimenti non avrebbe mai acquistato), la crisi attuale non ci sarebbe stata. O, se fosse arrivata comunque, si sarebbe risolta da sola da un pezzo. Quel che resta, ora, sono poche idee e sbagliate: la peggiore è senz'altro quella di Bernanke, secondo il quale basterà immettere sempre più liquidità sui mercati per risolvere la crisi. Ma non è di soldi che imprese e persone hanno bisogno. A loro basterebbe poter smettere di aver paura. Un banchiere folle che spara tutte le sue cartucce all'impazzata quantomeno non aiuta.

domenica 7 dicembre 2008

Dunque


E' stato un mese un po' complicato e il blog ne ha risentito. Per la prima volta in undici anni, non lavoro più nella carta stampata, ma in tv. E non è un cambiamento da poco, perché all'improvviso scopri che hai ancora un sacco di cose da imparare. Però è bello. E' diverso, ma bello.