tag:blogger.com,1999:blog-37394189264520388942024-03-13T06:04:59.986+01:00Sciopenàueril filosofo da osteriaalpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.comBlogger110125tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-64405644075349767862009-12-09T09:24:00.003+01:002009-12-09T09:32:58.057+01:00Non capirci un'accaMa perché tutti i <a href="http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/speciali/2009/summit-copenaghen/notizie/vertice-insostenibile-copenaghen_f70f9abc-e333-11de-b4bf-00144f02aabc.shtml">giornali</a> italiani scrivono Copenaghen anziché Copenhagen? E sì che basterebbe guardare il <a href="http://www.ipc.um.dk/NR/rdonlyres/95205375-F8A4-4CD4-BCAB-8237FDDCA083/0/COP15_195_wide.jpg">logo</a>.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-87185267095264522602009-12-09T09:03:00.003+01:002009-12-09T09:11:51.892+01:00B-XVI, maestro di giornalismo<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3eS5jtLNYEVTnvfNeLnqLsPXRj5AylxR2DSrAEtzndqykVxqf5bVDw754NSyteI8laWknFbr8mfhvMjE77NTISKMn6t2959Gag5iFb1vdCOdP-CeC8XsF4HfLtEbnQyNj_lRBA6mvmZZ0/s1600-h/tv12.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 255px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3eS5jtLNYEVTnvfNeLnqLsPXRj5AylxR2DSrAEtzndqykVxqf5bVDw754NSyteI8laWknFbr8mfhvMjE77NTISKMn6t2959Gag5iFb1vdCOdP-CeC8XsF4HfLtEbnQyNj_lRBA6mvmZZ0/s400/tv12.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5413146161969458370" /></a><br />Assuefatti al male, fino al punto di approfittarne. Non si poteva spiegare meglio di <a href="http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/09_dicembre_8/papa_spagna_immacolata-1602125698541.shtml">così</a>.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-32361188315494071712009-12-01T17:52:00.003+01:002009-12-01T18:20:34.868+01:00Propositi per il mese<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdLSiq9p3HlopPI_WN9_O77RnAyM_NmzYYceqor86B9D7msM6uJIiwCBJCM3PVWzjIDfst_R0zd3Xd3knNCbSRL8jh4SJo5_C8bppO64OlRuCSdGyz1DGJ7GocyMv3CgwLQmToPjg2j9E5/s1600/dicembre_g.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 300px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdLSiq9p3HlopPI_WN9_O77RnAyM_NmzYYceqor86B9D7msM6uJIiwCBJCM3PVWzjIDfst_R0zd3Xd3knNCbSRL8jh4SJo5_C8bppO64OlRuCSdGyz1DGJ7GocyMv3CgwLQmToPjg2j9E5/s400/dicembre_g.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5410318874586633874" /></a><br />In ordine cronologico.<br /><br />1) Finire "Un cappello pieno di ciliege" della Fallaci (finora bellissimo).<br /><br />2) Approfondire la conoscenza della discografia di Monsieur Aznavour.<br /><br />3) Leggere "La scoperta di Milano" di Guareschi.<br /><br />4) Andare a Vienna con Elisa.<br /><br />5) Passare il Natale in famiglia.<br /><br />6) Farsi regalare "La marcia di Radetzky" di Roth (Joseph), il Mangiarozzo 2010, un pigiama e un televisore ad almeno 32 pollici (meglio 37).<br /><br />7) Traslocare in una casa edificata prima del 1899 e sopra il Po.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-45277959872610260212009-12-01T11:20:00.003+01:002009-12-01T11:31:32.025+01:00La solitudine dei figli lontani<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijdj84ZJQXsg4P3AvqjFL7CRw7OWT66P23ebR_SzHYre9U10B0cFspr_lwgyGsZcQ7TtT5BENd_Y73U4eBu11zw7ObPw2DxJUXkgMWvoAwJ_AL9_LBfjHEwrLAof0gqcwxSR4bSvodyYBU/s1600/21london.600.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 220px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijdj84ZJQXsg4P3AvqjFL7CRw7OWT66P23ebR_SzHYre9U10B0cFspr_lwgyGsZcQ7TtT5BENd_Y73U4eBu11zw7ObPw2DxJUXkgMWvoAwJ_AL9_LBfjHEwrLAof0gqcwxSR4bSvodyYBU/s400/21london.600.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5410213396720031058" /></a><br /><span style="font-style:italic;">Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.<br />Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai.<br />(Pier Luigi Celli, lettera al figlio pubblicata da Repubblica)</span><br /><br />Tutto più o meno giusto. E comprensibile l'invito a scappare all'estero. Inutile la retorica (spesso onesta) di chi dice: resto per non darla vinta. Le cose - poche storie - stanno quasi sempre così, e le eccezioni (di cui m'illudo di far parte) si contano sulla punta delle dita di una mano.<br />Però, in questa lettera, manca qualcosa: una cosa importante. E' il motivo per il quale, qualche anno fa, ho deciso di rimettere in discussione tutta la mia vita e le certezze conquistate (una carriera all'estero e uno stipendio doppio di quello che prendevo prima in Italia) e tornare: perché all'estero puoi trovare un buon lavoro, farti qualche amico e magari incontrare pure l'amore, ma la verità è che un uomo, senza le sue radici, è sempre solo.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-56346777487278568132009-11-30T17:53:00.002+01:002009-11-30T17:58:15.605+01:00Bandiere/2. La Croce sulla bandiera c'era già<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFzLS-mKk3ETTaMOzGRXFajH1fBQWT62rFXkmH3Wsy9uekJo8EsGI4-YB_Lyc9kCwn0tbZs99c31OoJoiXCge_KeID6SxaHdc8HPUYHBwmHPtjnRecHzydKO189EYVQiZEPLelMu4_GHQx/s1600/ammaina_bandiera.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 267px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFzLS-mKk3ETTaMOzGRXFajH1fBQWT62rFXkmH3Wsy9uekJo8EsGI4-YB_Lyc9kCwn0tbZs99c31OoJoiXCge_KeID6SxaHdc8HPUYHBwmHPtjnRecHzydKO189EYVQiZEPLelMu4_GHQx/s400/ammaina_bandiera.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5409941920496718738" /></a><br />Sarebbe bastato lasciarcela.<br /><br /><span style="font-style:italic;"><span style="font-weight:bold;">da Corriere.it -</span> I leghisti esultano per la vittoria referendaria della destra elvetica. E, per bocca di Roberto Castelli, lanciano una nuova proposta. «Occorre un segnale forte per battere l'ideologia massonica e filoislamica che purtroppo attraversa anche le forze alleate della Lega» dice l'esponente del Carroccio. «Credo che la Lega Nord - prosegue - possa e debba nel prossimo disegno di legge di riforma costituzionale chiedere l'inserimento della croce nella bandiera italiana».</span>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-46096115230749133022009-11-27T18:05:00.003+01:002009-11-30T17:52:57.100+01:00Bandiere/1. Chi glielo dice alla Cgil?<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtVv9_TlSCQX9rcSF_Lcp4Kt9dZP7EmrLmaj7cEPTKCFDOzw8oxELCMRGTQWErsL6NwTzlHBSbTj9FUgO0-bli2HQDKjTsRUYKw_M0mMQNRSEqKxn7uKrESz6NWGxzuhmQzH2_JovMqi3c/s1600/bandiere.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 266px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtVv9_TlSCQX9rcSF_Lcp4Kt9dZP7EmrLmaj7cEPTKCFDOzw8oxELCMRGTQWErsL6NwTzlHBSbTj9FUgO0-bli2HQDKjTsRUYKw_M0mMQNRSEqKxn7uKrESz6NWGxzuhmQzH2_JovMqi3c/s400/bandiere.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5408831479684293234" /></a><br /><span style="font-weight:bold;">da Corriere.it -</span> I politici polacchi hanno presentato un breve emendamento che mette al bando qualsiasi simbolo comunista dal paese dell'Est europeo. Il Senato ha infatti approvato una modifica all'articolo 256 del codice penale che dichiara illegali tutti i simboli comunisti. Chiunque li utilizza o ne è in possesso rischia fino a due anni di carcere per aver commesso il reato di «glorificazione del comunismo». Il Presidente della Repubblica Leck Kaczynski lunedì prossimo dovrebbe firmare la legge che probabilmente entrerà in vigore dal prossimo anno. A questo punto anche indossare t-shirt con l'immagine di Che Guevara o solamente canticchiare l'Internazionale nelle strade di Varsavia sarà considerato un crimine in Polonia. La nuova legge infatti proibisce espressamente tutte le immagini che inneggiano a sistemi antidemocratici: l'articolo afferma che è vietata «la produzione, la distribuzione, la vendita o il solo possesso di oggetti che richiamano al fascismo, al comunismo o ad altri simboli di totalitarismi». Uno dei principali promotori della norma è Jaroslaw Kaczynski, fratello gemello del Presidente della Repubblica e capo del partito di opposizione «Legge e Giustizia».alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-66681364548764303932009-11-27T17:38:00.004+01:002009-11-27T17:54:43.679+01:00Deriva moralista<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhl5mbrPa2Ks8nfEnax6HtfFjFNU85y_DkLsN55HlPxlmD0yMQ2ANpToGme16VopacNOWAX8EzsAiQAOnnNmYTh8AeA6rd3PAPc4y8rndC8OTxjcvQOidrm8ZAHtr_nVdOy-w_VWNLsTG92/s1600/buco-della-serratura.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 300px; height: 300px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhl5mbrPa2Ks8nfEnax6HtfFjFNU85y_DkLsN55HlPxlmD0yMQ2ANpToGme16VopacNOWAX8EzsAiQAOnnNmYTh8AeA6rd3PAPc4y8rndC8OTxjcvQOidrm8ZAHtr_nVdOy-w_VWNLsTG92/s400/buco-della-serratura.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5408826817792824066" /></a><br />Prima Casoria, poi le escort, quindi i trans e ora persino la liaison neofascista. Possibile che l'Italia sia un paese tanto bigotto da dover valutare la sua classe politica solo ed esclusivamente in base alla sua vita e attitudine sessuale? Possibile che sia politicamente rilevante quasi solo quel che è penalmente irrilevante? O non sarà che a essere così bacchettone sia soltanto il circo mediatico-parlamentare, e il paese in realtà se ne frega?alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-87299692120223348142009-11-27T17:30:00.002+01:002009-11-27T17:33:54.149+01:00La croce dei trans e l'Italia senza Croce<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUWXbbqRZ62zsI_VOiEM07kEEzuJ6klE6m-6GILCyQSzxyddfIJxuDB0KxQxrxqVsb2CfU2K_MwYj0yJOcuj4FYvGErnWKvQMoQxe_WdOhif4XYaTeiNf5vyzGKxNA2hJyof7F8VhYjrYS/s1600/crocifisso.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 299px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhUWXbbqRZ62zsI_VOiEM07kEEzuJ6klE6m-6GILCyQSzxyddfIJxuDB0KxQxrxqVsb2CfU2K_MwYj0yJOcuj4FYvGErnWKvQMoQxe_WdOhif4XYaTeiNf5vyzGKxNA2hJyof7F8VhYjrYS/s400/crocifisso.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5408822493669724386" /></a><br />A non aver paura di farsi dare dei conservatori, ci sarebbe da chiedersi che paese sia quel paese che esclude il sacro, la storia e il valore della vita dal discorso pubblico – se non per esecrare tutte queste cose – e al tempo stesso eleva a paradigma della modernità il cambiamento di sesso e le pulsioni (d’erotismo, ma soprattutto d’egoismo) che circondano tale passaggio di genere.<br />Chiunque abbia acceso la tv anche per pochi minuti, negli ultimi giorni, se ne sarà reso conto: non si parla che di trans. Uomini diventati donne, imbottite di litri (sì, litri) di silicone, donne che sono o stanno diventando uomini: il trans va di moda (e porta ascolti) un po’ a tutti. A Porta a Porta, Annozero e Matrix se ne discute come di un fenomeno politico (e c’è quasi da rimpiangere Vladimir Luxuria), dopo aver discettato per mesi di prostitute. E lo stesso, con toni differenti, si fa a La vita in diretta, a Pomeriggio Cinque, fino alle Iene e al Grande fratello. C’è chi spiega quanto costi un rapporto mercenario con un uomo-donna, chi quanto sia caro operarsi, chi “quanto è difficile spiegare ai figli che ora sono una donna e al tempo stesso il loro papà”. E tutto questo a tutte le ore del giorno, non soltanto in fascia protetta. Perché, il ragionamento sottinteso non può che essere questo, “tanto con Internet è inutile nascondere qualsiasi cosa ai figli”. Sarà, però in questo stesso paese che non si premura di nascondere nulla ai bambini, dal sesso alla violenza più estremi e deviati, ci si premura di nasconder loro quel che un tempo era il primo insegnamento.<br />Prima di leggere, di scrivere e di far di conto, una volta s’insegnava ai figli a raccomandarsi l’anima al Signore. Niente di impegnativo, poche preghiere da mandare a memoria, una sorta di appuntamento anticipato (e per forza di cose compreso solo in parte) con il mistero del sacro. Adesso una sentenza della Corte europea di giustizia – che fortunatamente non è stata accolta con i soliti alleluia di parte – dice che ai piccoli italiani debba essere impedita la visione del Crocifisso nelle scuole. Una “violenza” (letterale) alla libertà religiosa loro e dei loro genitori, secondo i giudici comunitari, che uno Stato laico non potrebbe perpetrare. Sono più o meno le stesse motivazioni che, negli ultimi anni, hanno spinto ad abdicare a tutto un insieme di tradizioni – religiose, in senso stretto, ma culturali in senso assai più ampio – nel nostro paese. Una, apparentemente minore, è quella del presepe nelle scuole. Ma, in questi casi, si comincia sempre con il bersaglio piccolo per colpire in un secondo momento quello principale. L’Italia senza Croce può essere lo stesso paese che è l’Italia con la Croce? La risposta, anche per il più infervorato degli atei, non può che essere negativa. Senza la Croce, il nostro è un paese depauperato di buona parte della sua storia sociale e architettonica, un paese incomprensibile per un visitatore. O per chi, come i bambini, arriva soltanto ora ad abitarvi.<br />Eppure, la stessa Europa che non vuole far vedere il Crocifisso ai bimbi non dice nulla riguardo il martellamento di sesso-senza-amore cui i figli degli italiani sono ormai sottoposti ora dopo ora. Ma lì il discorso è diverso. Si capisce da come rispondeva a una domanda, qualche giorno fa, un uomo diventato donna ma rimasto padre di due figli: “Io mi sentivo donna, loro hanno capito anche se sono ancora minorenni”. Avranno capito davvero? Difficile crederlo. Difficile, però, è soprattutto pensare che una persona che ha degli obblighi derivanti dall’amore verso altre persone (i figli) debba far affrontare loro una situazione psicologicamente pesantissima (e dall’esito tutt’altro che scontato) per puro egoismo. In un paese senza Croce, che è pur sempre il simbolo del più alto gesto d’altruismo della storia umana, è evidente che la norma debba essere questa. E’ evidente che, per egoismo, si debba poter cambiare sesso, far soffrire i figli o magari non farli nascere proprio. E chi chiede d’esporre un simbolo d’amore, chi ricorda la propria storia, chi dice no all’aborto – in un paese così – è un bieco conservatore. E allora sarò pure retrivo, ma lasciatemi dire che una Croce in classe non ha mai fatto male a nessuno, che quest’anno farò un presepe doppio e che una donna infelice è sempre meglio di un bambino morto.<br /><span style="font-weight:bold;">Alan Patarga</span><br /><span style="font-style:italic;"><br />(da La Cronaca di Piacenza, La Voce di Mantova e La Voce di Romagna)</span>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-80379246982925271692009-11-27T17:26:00.004+01:002009-11-27T17:35:19.596+01:00Perché è una crisi da gattopardi<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibQruIPP_RJcfQR52_2zYuXR0tZXYAeTKbvu9yWcz1RHzqdZ4wVZShUwGrOcDsS3du3qWZeam8GZh6Y3zIB_5XZfPfM9RLfkjxtCjBfVmFcv8azaYbyltJeAiBNpM9kMDqfPHIs0MlbZgQ/s1600/22.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 267px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibQruIPP_RJcfQR52_2zYuXR0tZXYAeTKbvu9yWcz1RHzqdZ4wVZShUwGrOcDsS3du3qWZeam8GZh6Y3zIB_5XZfPfM9RLfkjxtCjBfVmFcv8azaYbyltJeAiBNpM9kMDqfPHIs0MlbZgQ/s400/22.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5408821328635144962" /></a><br />In questi giorni è caduto il primo anniversario del crac di Lehman Brothers, la banca d’investimenti americana il cui fallimento – solo in apparenza improvviso – ha convinto tutti, anche i più scettici, dell’esistenza di una grande crisi economica. Già prima di allora, nei mesi dell’affaire Bear Stearns e poi nell’estate del 2008, s’era discusso parecchio del sopravvenire di una fase difficile per l’economia globale. Qualcuno, anche tra i più avveduti, cominciò a parlare di “un nuovo ’29”, ossia d’una crisi paragonabile soltanto – per intensità e danni collaterali – a quella che portò alla Grande Depressione. Chi parlava, a ragione, di paure e di speranze, non resistette al parallelo immaginifico con l’America cupa di Hoover e a una ricetta vecchia più di Roosevelt per uscirne: il ricorso allo Stato, ossia alla finanza pubblica, per raddrizzare le “storture” del mercato. Un mercato – dicevano – impazzito a causa del proliferare di nuovi e incontrollabili strumenti finanziari, i derivati su mutui e altri contratti di debito, che presto sarebbero diventati carta straccia, riducendo al medesimo stato buona parte della finanza e dell’economia reale.<br />Così, all’appropinquarsi della crisi, la soluzione più ovvia (e più saggia) è parsa a tutti, o quasi, il ricorso al denaro pubblico: per evitare la chiusura di banche, compagnie assicurative e imprese (in primis, le case automobilistiche statunitensi) “troppo grandi per fallire” si sono spesi migliaia di miliardi in tutto il mondo. In America, soprattutto, ma non soltanto. L’euforia neostatalista ha preso un po’ tutti, e l’aver salvato (a carissimo prezzo) centinaia di istituzioni finanziarie, è sembrato a molti il risultato indispensabile perché si arrivasse a un punto di svolta. Si dice ora che i “segnali di ripresa” ci sono, e che sono sempre più numerosi. E’ vero, come è vero che essi provengono dalle imprese e dal mondo del lavoro, e non dalla finanza. E anzi sono stati parecchi, in questi mesi, i segnali di stasi – a dispetto delle iniezioni di capitale pubblico, cioè di proventi delle tasse di tutti i cittadini – provenienti dall’industria del credito. Molte banche, soprattutto i grandi istituti con grandi strategie globali e scarsa attitudine locale, hanno incassato, ringraziato, e poi hanno cercato di limitare al minimo sindacale la concessione di nuovi prestiti (o la rinegoziazione di quelli vecchi). Diverso il discorso, almeno in Italia, per tante banche popolari o del credito cooperativo che – al contrario – non si sono tirate indietro nel momento del bisogno. E però è la tendenza complessiva a contare, non le eccezioni, per quanto lodevoli.<br />Un anno dopo il grande choc di Lehman Brothers e degli scatoloni portati via in fretta e furia dai suoi dipendenti ormai senza lavoro, sono almeno due le lezioni che si possono trarre da tutta questa vicenda. La prima – lampante, perché sono i numeri dell’economia reale a dirlo – è che non c’è stato nessun ’29. Le difficoltà, quelle sì, non sono mancate. E sono state difficoltà capaci di costare la serenità e il benessere di tante famiglie in tanti paesi. Ma il tracollo globale, la depressione endemica, la tabula rasa del modello economico capitalistico sono tutte cose che, pur annunciate e quasi vaticinate, non si sono poi verificate.<br />L’altra lezione, è che s’è trattato d’una crisi da gattopardi. Come nel romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, s’è cercato di cambiare tutto (a parole), perché tutto restasse com’era. L’assetto della finanza americana, con qualche inevitabile fusione e qualche testa caduta qua e là, è grossomodo lo stesso di dodici mesi fa. I mutamenti, se ce ne sono stati, in Europa sono stati se possibile ancor più impercettibili. Lo stesso presidente americano, Barack Obama, ha sottolineato qualche giorno fa che troppe cose sono rimaste le stesse d’un tempo. Non ha spiegato perché, e un po’ va capito. Sarebbe stato difficile ammettere che ciò è stato possibile proprio grazie all’intervento (da lui praticato e caldeggiato) degli Stati nelle economie. Sia prima, sia dopo la crisi. In un saggio sulla Grande Depressione, l’economista libertario Murray Rothbard spiegava bene che una crisi altro non è che “un’esplosione di errori” degli attori dell’economia. Un risultato raggiungibile ad una sola condizione: che qualcuno induca a sbagliare, tutti insieme, imprenditori e consumatori. Il modo migliore per limitarne la libertà e indurli all’errore è immettere moneta (con prestiti facili) sul mercato: i “soldi facili” dirotteranno le loro scelte di investimento. Esattamente quel che è accaduto negli anni di Alan Greenspan alla Federal Reserve. Insomma, la causa della crisi è lo Stato che crea artificialmente un’espansione (una bolla) che prima o poi si sgonfia. Il vaccino a tutto questo, un anno fa, era a portata di mano: lasciar fallire chi, esplosa la bolla, non aveva più i numeri per stare sul mercato. Lasciare, cioè, che l’economia americana (e, di conseguenza, quella globale) si ridisegnasse autonomamente, ripulendosi delle scorie dell’ingordigia creata ad arte dalla Fed. Foraggiarla con aiuti pubblici non poteva che portare alla conseguenza opposta: lasciare tutto com’era, salvo un po’ di maquillage. E tutti pronti a credere anche alla prossima bolla.<br /><span style="font-weight:bold;">Alan Patarga</span><br /><br /><span style="font-style:italic;">(da La Cronaca di Piacenza, La Voce di Mantova e La Voce di Romagna)</span>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-35799705955667231782009-08-15T18:13:00.002+02:002009-08-15T18:15:54.554+02:00La religione dell'ignoranzaAltro che laicità dello Stato. La sentenza del Tar del Lazio sull’esclusione dell’ora di religione dal computo delle attività che concorrono a distribuire “crediti” e “debiti” formativi agli studenti italiani in vista dell’esame di maturità con la questione della laicità non c’entra affatto. Quasi che si trattasse di ore di catechismo, e non di insegnamento della religione cattolica a fini culturali (tanto che spesso e volentieri tale insegnamento è accompagnato, quando i professori hanno ancora un po’ di voglia di fare, da studi comparativi con le altri fedi e il pensiero filosofico), le associazioni laiche a atee hanno subito esultato dinanzi alla decisione del giudice amministrativo di Roma. In realtà, la questione è un po’ più complessa e bene ha fatto il ministro Gelmini a ricordarlo, annunciando il ricorso del ministero della Pubblica amministrazione al Consiglio di Stato.<br />L’insegnamento della religione cattolica, in Italia, è stato introdotto da un trattato internazionale con un altro paese, lo Stato della Città del Vaticano. Nella prima stesura dei Patti lateranensi del 1929 e in quella rivista del 1984. E, a meno che a quel patto non si voglia venir meno, quello di insegnare la religione ai ragazzi italiani in età scolare è un impegno internazionale che, come tutti gli altri, andrebbe onorato dalla Repubblica italiana. Pacta sunt servanda, dicevano i latini: in parole povere, vuol dire che bisogna stare ai patti se si vuole essere considerati persone perbene. Fin qui la forma. E la sostanza? La sostanza è che la conoscenza della storia, dei dogmi e delle figure del Cristianesimo – e in particolar modo del cattolicesimo – è una conoscenza essenziale per il bagaglio culturale di qualsiasi italiano, che sia credente oppure no. La fede, infatti, c’entra poco o nulla: non stiamo parlando di quella che un tempo si chiamava Dottrina, ma dello studio della religione che ha influito in maniera determinante sullo sviluppo storico, culturale, artistico e politico dell’Italia e dell’Europa negli ultimi due millenni.<br />Forse un esempio concreto è la cosa migliore, in questi casi. Poniamo che un ragazzo sia cresciuto in una famiglia rigorosamente atea e che non sappia nulla della tradizione cristiana del nostro paese. Poniamo anche che decida di non avvalersi dell’insegnamento della religione a scuola (scelta legittima, e però non sarebbe male che chi rinuncia a quell’ora la impieghi per studiare, anziché per uscire da scuola). Avrà gli strumenti culturali – culturali, si badi, non religiosi – per spiegare a un turista giapponese il significato della Pietà di Michelangelo o dell’affresco che illustra il Giudizio universale nella Cappella Sistina? La risposta, inequivocabile, è no.<br />Il punto è proprio questo: se l’ora di religione a scuola non serve per indottrinare, ma per aumentare il bagaglio culturale degli studenti italiani (e a questo serve, come è scritto anche nel Concordato), allora perché non valutare positivamente – dando un “credito”, cioè un bonus che può alzare il voto finale – a quegli studenti che, magari anche non credendo a nulla di quel che dicono il Vangelo e la Chiesa, hanno però avuto la curiosità intellettuale di studiare il Cristianesimo? Perché non premiare loro e dare crediti su crediti – come previsto dalla nuova maturità – a chi frequenta corsi di teatro al pomeriggio, laboratori musicali o tira quattro calci al solito pallone?<br /><strong>Alan Patarga</strong><br /><br /><em>(da La Cronaca di Piacenza e La Voce di Mantova)</em>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-31671925854312950012009-06-15T17:59:00.002+02:002009-06-15T18:03:49.470+02:00Antica osteria "Dal turchestano"<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhixqtYQGi1XKa-Igvh5QEm0Og6wsTWiiX9455FoJtZi2HLN-PjHLRBwOlreF8hc_XDgMej3_w3vsBzkxHbn_WPcEH9TI0Z4H8LhltysS64ssIgELnYKes_xv2Glrf7a-hvLCdL-ugn2eE/s1600-h/2102790473_90a77334f8.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 266px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhixqtYQGi1XKa-Igvh5QEm0Og6wsTWiiX9455FoJtZi2HLN-PjHLRBwOlreF8hc_XDgMej3_w3vsBzkxHbn_WPcEH9TI0Z4H8LhltysS64ssIgELnYKes_xv2Glrf7a-hvLCdL-ugn2eE/s400/2102790473_90a77334f8.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5347585694513556770" /></a><br /> Londra, 15 giu. - (Adnkronos) - I quattro detenuti di Guantanamo<br />di etnia uigura trasferiti nei giorni scorsi nelle isole Bermude<br />sognano adesso di aprire un ristorante nel paradiso dei miliardari.<br />Rinchiusi per sette anni nel campo di detenzione americano a Cuba con<br />l'accusa di essere terroristi, ora liberi tra le meraviglie<br />dell'isola, i quattro amici originari della provincia cinese dello<br />Xinjiang a maggioranza musulmana sono ancora increduli: "Non avremmo<br />mai immaginato di essere un giorno cosi' felici", ha dichiarato al<br />"Times" Abdullah Abdulqadir, 30 anni.<br /><br /> I quattro, accusati di appartenere al movimento separatista del<br />Turkestan orientale, avevano trovato rifugio in Afghanistan dopo le<br />persecuzioni della "dittatura comunista", trasferendosi in un<br />villaggio nei pressi di Jalalabad. Dopo l'inzio della guerra americana<br />contro i Talebani, erano fuggiti nelle regioni tribali pachistane,<br />dove erano stati arrestati con l'accusa di essere affiliati di al<br />Qaeda. "Ma di al Qaeda abbiamo sentito parlare per la prima volta a<br />Guantanamo", sostengono.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-77789072108206448142009-05-14T12:24:00.002+02:002009-05-14T12:27:09.690+02:00Per una volta, un po' di autopromozione<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLLMlKJzwEEl8QplnVxeSuyE5A42uVAx0LI9vJCOo1BNDUsPaJAy_y1eG1rx1VBZntutqa7w1e-2soymxVDa8GAFccFb7AUQU3j8vJaAFaZ03N-TH90Nf9CIG0CPXlqHC_qiVJJhwMb0Cg/s1600-h/00009.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 300px; height: 102px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLLMlKJzwEEl8QplnVxeSuyE5A42uVAx0LI9vJCOo1BNDUsPaJAy_y1eG1rx1VBZntutqa7w1e-2soymxVDa8GAFccFb7AUQU3j8vJaAFaZ03N-TH90Nf9CIG0CPXlqHC_qiVJJhwMb0Cg/s400/00009.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5335623756742505106" /></a><br />TV: A 'TERRA!' (GIOVEDì 14 MAGGIO, ORE 23,40 SU CANALE 5) RIFLETTORI PUNTATI SULLA FIAT<br /><br /> Roma - (Adnkronos) - "Fiat luce" è il titolo del nuovo appuntamento di "Terra!", il settimanale del Tg5 a cura di Toni Capuozzo e Sandro Provvisionato, in onda su Canale 5 in seconda serata. Provvisionato condurrà, dai cancelli dello storico stabilimento torinese di Miafiori, una puntata interamente dedicata alla Fiat, in relazione alle recenti manovre economiche dell'azienda di Torino volte all'acquisizione dell'americana Chrysler e della tedesca Opel. Apre la puntata un lungo reportage di Alan Patarga che, da Windsor (Canada), farà il punto sulle aspettative legate ai vicini stabilimenti automobilistici di Detroit. Lì, infatti, verranno prodotti i primi veicoli nati dal sodalizio di Fiat e Chrysler.<br /><br /> Giuseppe De Filippi traccerà un approfondito ritratto di Sergio Marchionne, ad del gruppo Fiat e principale artefice delle recenti fusioni intercontinentali dell'azienda italiana. Marco Corrias, a Russelsheim, sede del più grande stabilimento Opel, raccoglierà i pareri dei lavoratori tedeschi sul tentativo dell'impresa della famiglia Agnelli di acquisire gli assets del colosso tedesco dell'auto. Provvisionato intervisterà, invece, un delegato del gruppo sindacale Fiom, che esporrà le aspettative e le preoccupazioni dei lavoratori italiani in merito alle ultime manovre economiche del Lingotto.<br /><br /> Claudio Della Seta spiegherà, infine, quali modelli saranno<br />prodotti e in quali stabilimenti, qualora l'alleanza tra le tre case automobilistiche diventasse realtà. A concludere, Capuozzo<br />incontrerà l'esploratore Michele Pontrandolfo, ritornato in patria<br />dopo aver raggiunto a piedi, primo tra gli italiani, il Polo Nord<br />magnetico.<br /><br /> (Toa/Zn/Adnkronos)<br />13-MAG-09 14:01alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-52924049704044949352009-05-12T19:30:00.003+02:002009-05-12T19:36:11.786+02:00Un uomo solo al commando<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6oOrUtUGkjDQg8tl3Dhfd2vACC_wJ_aA05PdLEMGNV3UT3-rbLN8iyGHtjZczBJ6X7oBK8PuONvCjx5ltX7hOJVNYkAU1TznPsieYW0icJcCqNdXKMqXqnbK1iFQzAPzWDsD04nIaM7PE/s1600-h/gitmo-prison-2.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 229px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6oOrUtUGkjDQg8tl3Dhfd2vACC_wJ_aA05PdLEMGNV3UT3-rbLN8iyGHtjZczBJ6X7oBK8PuONvCjx5ltX7hOJVNYkAU1TznPsieYW0icJcCqNdXKMqXqnbK1iFQzAPzWDsD04nIaM7PE/s400/gitmo-prison-2.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5334992614906682562" /></a><br />(ANSA) - BARI, 12 MAG - "Abbiamo notizie che i due presunti terroristi di Al Qaida siano rinchiusi al terzo piano della famigerata seconda sezione ove sono rinchiusi altri 90 detenuti vigilati da un solo agente". Lo denuncia il segretario regionale pugliese del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), Federico Pilagatti, in una nota nella quale ricorda i numerosi cantieri tuttora aperti nel carcere di Bari e i "grossi problemi di sicurezza", peraltro con un muro di cinta "da più di un anno completamente sguarnito".<br />"Il Sappe - aggiunge - ritiene che solo la professionalità, il sacrificio, la serietà e la correttezza dei poliziotti penitenziari baresi hanno finora evitato situazioni pericolose, ma fino a quando si riuscirà a far fronte alle esigenze, dovute soprattutto alla carenza del personale?". "E' necessario - conclude Pilagatti - sottoporre i presunti terroristi ad un controllo più adeguato, alla chiusura della II sezione, ad innalzare il livello di sorveglianza dell'istituto presidiando il muro di cinta, eppoi sfollando il carcere di detenuti in maniera corposa al fine di ristabilire le minime condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza". (ANSA).<br /><br /> DES<br />12-MAG-09 19:21alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-70977908236867707502009-05-03T22:07:00.001+02:002009-05-03T22:09:21.456+02:00A proposito dei due editori"Lavare i panni in famiglia talora è meglio che consegnarli alla lavatrice di Curzio Maltese".<br /><em>(Andrea Marcenaro, Il Foglio, 2 maggio 2009)</em>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-21393669453419496162009-03-28T17:11:00.003+01:002009-03-28T17:18:11.550+01:00Fini l'anti Cav., Alemanno il dopo Cav.Una bella differenza tra il discorso di Gianfranco Fini e quello di Gianni Alemanno, al congresso di fondazione del Pdl: i distinguo del presidente della Camera suonano più contro Berlusconi che altro. Le parole d'ordine del sindaco di Roma, al contrario, sembrano tanto il programma per il dopo: famiglia, valori etici, gollismo. Due strategie opposte per puntare allo stesso obiettivo di lungo periodo?alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-61564773489080651912008-12-19T13:33:00.002+01:002008-12-19T13:35:41.645+01:00Botti di fine anno<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcjAy2dt9w3IRE3k7mAn0lOnE4qNAg9l3fW13lATuCzBQGKYvPaLznsenvaVSPx6S8h_eonQ8TfgM-a-q3X2pX4MCWMCoZdAqIheMgTB8U4Cm8RefnOT8oCRXxV8M4VwTV30a64AbAWk3A/s1600-h/fungo+atomico.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 319px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgcjAy2dt9w3IRE3k7mAn0lOnE4qNAg9l3fW13lATuCzBQGKYvPaLznsenvaVSPx6S8h_eonQ8TfgM-a-q3X2pX4MCWMCoZdAqIheMgTB8U4Cm8RefnOT8oCRXxV8M4VwTV30a64AbAWk3A/s400/fungo+atomico.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5281478910108208482" /></a><br />Stavolta c’è da aspettarseli, i botti. E per più motivi. C’è il petrolio che scende pericolosamente verso i trenta dollari al barile: oggi vale già meno di 34. Difficile che chi sul greggio ci campa, come l’Iran, possa sostenere a lungo questo deprezzamento che mina l’economia del regime degli ayatollah e di molti altri produttori della regione. Una crisi internazionale, magari creata ad arte da qualche nuova esternazione del falco Ahmadinejad (o da qualche inopinata azione delle forze armate della Rivoluzione) potrebbe cavare d’impaccio chi sul petrolio fa affidamento per sopravvivere e, magari, per prosperare.<br />Poi c’è l’affanno, sempre più evidente, dell’economia americana. Gli ultimi dati parlano di un passaggio della crisi da finanza e banche al paese reale. A guardare i numeri, niente di drammatico: la disoccupazione è cresciuta, ma è ancora piuttosto bassa; i consumi sono calati, ma non crollati. Stanno male le aziende decotte, come le tre big di Detroit, ma chi produce in maniera più economica e razionale (come le case giapponesi coi loro stabilimenti del Sud) regge abbastanza bene. A preoccupare, più che altro, sono i segnali che vengono da chi fa la politica economica degli Stati Uniti. La scelta della Fed di tagliare a zero i tassi di interesse – non era mai accaduto – è una scelta da economia di guerra. Non era successo durante la Grande Depressione e nemmeno negli anni terribili dei due conflitti mondiali. Tutto fa però pensare a una riedizione della crisi che colpì l’America tra il 1939 e il 1945, con una differenza: allora lo sforzo bellico tutto sommato aiutò l’economia statunitense a sopravvivere. La tentazione di ripetere la ricetta keynesiana degli investimenti pubblici per “muovere” l’economia, che Obama ha ovviamente già fatto sua, potrebbe così tingersi di grigioverde. Un’emergenza umanitaria o, più probabilmente, una provocazione insopportabile in una regione strategica (per esempio, il medio oriente) potrebbero essere l’occasione per mettere in moto l’industria bellica e dimostrare al mondo che Barack Obama è pronto per il ruolo di commander in chief. E che nessuno, in un momento come questo, può permettersi a lungo di volere davvero la pace.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-46585056535665004722008-12-17T15:49:00.004+01:002008-12-17T16:08:51.771+01:00Zero idee<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_Q0JCiK5YWQ2CMCGrZHyu5gFmMBcNWUXRBN4s3_f6OOWAStHKirnFDm-A8kHS2UGD_tdtUUxvQNvpErdJiHX0wEK_n9AqmVBdnJ1tlg1WuQ1TDq1rdpx38cv4hp01MO87v0ouk1N3Ugw6/s1600-h/greenspan_bernanke.gif"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 382px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_Q0JCiK5YWQ2CMCGrZHyu5gFmMBcNWUXRBN4s3_f6OOWAStHKirnFDm-A8kHS2UGD_tdtUUxvQNvpErdJiHX0wEK_n9AqmVBdnJ1tlg1WuQ1TDq1rdpx38cv4hp01MO87v0ouk1N3Ugw6/s400/greenspan_bernanke.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5280776206388051778" /></a><br />La decisione del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, è al limite della follia. Adesso che ha abbassato i tassi a ZERO cosa farà se la crisi economica darà segni di peggioramento? Comincerà a fare bonifici ai bisognosi attingendo dal conto in banca di famiglia? Quel che è certo è che con questa decisione la Fed esce di scena in questa crisi per mancanza di ulteriori mosse a disposizione.<br />Ma la scelta di Bernanke non è deleteria soltanto perché elimina ogni altra alternativa e ha il sapore doloroso e pauroso dell'extrema ratio (e non a caso oggi il Wall Street Journal parla del numero uno della Fed come di "un giocatore di poker", con poche carte in mano e nemmeno tanto belle, aggiungerei). E', soprattutto, l'ennesimo errore di calcolo della banca centrale americana che non contenta - prima con Greenspan e ora con Bernanke - di aver drogato il mercato con abbassamenti dei tassi di interesse sempre più sconsiderati, non demorde e va avanti per la solita strada, pronta a creare la prossima bolla alla faccia di un mercato che - da solo - si regolerebbe benissimo. Ma è stata quest'euforia indotta, è stato questo ruolo di imbonitore e al tempo stesso di garante dell'ingarantibile svolto nell'ultimo decennio dalla Fed che ha portato alla crisi attuale. Perché, è bene ricordarlo, senza tassi di interesse artificialmente bassi e senza le garanzie sui titoli legati ai subprime (che un investitore razionale privo di rassicurazioni altrimenti non avrebbe mai acquistato), la crisi attuale non ci sarebbe stata. O, se fosse arrivata comunque, si sarebbe risolta da sola da un pezzo. Quel che resta, ora, sono poche idee e sbagliate: la peggiore è senz'altro quella di Bernanke, secondo il quale basterà immettere sempre più liquidità sui mercati per risolvere la crisi. Ma non è di soldi che imprese e persone hanno bisogno. A loro basterebbe poter smettere di aver paura. Un banchiere folle che spara tutte le sue cartucce all'impazzata quantomeno non aiuta.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-31777530879290505652008-12-07T11:09:00.003+01:002008-12-07T11:13:52.048+01:00Dunque<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2fCFc4uJ5BY_rECChyphenhyphenHRM_reWaY_4dOd5kGAFxTzf9DpwSTcF4YzMuBOlWSOYla_0IKvhXYzi5gJGyChWsq1d7HJdFHpYqrYi1DeKpXBgsQmxRGWcwwT8tqzrftb-npDSrhF1EiPrnKc7/s1600-h/TG5.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 300px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2fCFc4uJ5BY_rECChyphenhyphenHRM_reWaY_4dOd5kGAFxTzf9DpwSTcF4YzMuBOlWSOYla_0IKvhXYzi5gJGyChWsq1d7HJdFHpYqrYi1DeKpXBgsQmxRGWcwwT8tqzrftb-npDSrhF1EiPrnKc7/s400/TG5.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5276989329050325970" /></a><br />E' stato un mese un po' complicato e il blog ne ha risentito. Per la prima volta in undici anni, non lavoro più nella carta stampata, ma in tv. E non è un cambiamento da poco, perché all'improvviso scopri che hai ancora un sacco di cose da imparare. Però è bello. E' diverso, ma bello.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-72640566180220278832008-11-11T09:08:00.000+01:002008-11-11T09:10:02.466+01:00Obama? Un Kennedy abbronzato (Robin Williams dixit)<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/oEFR-eYaot0&color1=0xb1b1b1&color2=0xcfcfcf&hl=it&fs=1"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/oEFR-eYaot0&color1=0xb1b1b1&color2=0xcfcfcf&hl=it&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-90107693252994023162008-11-08T12:01:00.004+01:002008-11-08T12:17:35.695+01:00Ciao, Gino<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3aHWEGUVhjHkqXcNc2AfO-0EZkm3ppR_LDgEOinG9dk9ZvNX26I-MhHT4YhNsGmqqrI7oT4XmDo-mAHjBP3tv8-aQsyliNOkhIY_aI69ZRNWexav91sNTM8mtJB1sHNXo1AZulltEfUUw/s1600-h/1+0263.JPG"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 267px; height: 400px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3aHWEGUVhjHkqXcNc2AfO-0EZkm3ppR_LDgEOinG9dk9ZvNX26I-MhHT4YhNsGmqqrI7oT4XmDo-mAHjBP3tv8-aQsyliNOkhIY_aI69ZRNWexav91sNTM8mtJB1sHNXo1AZulltEfUUw/s400/1+0263.JPG" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5266243723151225602" /></a><br />Era un grande giornalista, ma per me è stato soprattutto un maestro e un papà in uno dei momenti più difficili della mia vita. Poi, come a volte accade nella vita – che presto o tardi è sempre crudele – per qualche mese ci siamo persi di vista, perché di mezzo c'erano un lavoro che cambiava, un trasloco da fare, tante cose che si accavallavano. Così la solita telefonata per sapere delle famiglie, delle novità sul lavoro (mie) e sui nipoti (suoi) e per parlare di politica e della nostra Toronto ha finito per essere rimandata. Stamattina ho telefonato a casa di Gino Fantauzzi e, come tante altre volte, ho chiesto di lui. Ma Gino è morto lo scorso 12 marzo e non potrò parlargli mai più. Gli altri – gli amici e i giornali – lo hanno già ricordato come l'ex direttore del Corriere Canadese degli anni Sessanta, come il massimo esperto italiano di emigrazione e turismo, come l'ex inviato del Tempo che fece dire a Marshall McLuhan (era il febbraio del '78) che con le Br c'era una sola cosa da fare: staccare la spina. Hanno ricordato le interviste importanti, da quella ad Hailè Salassiè a quella fatta a Pelé, ma i miei ricordi sono altri: le chiacchierate in veranda nelle sere d'estate in Canada, le ciliegie "rubate" dall'albero della signora che ci ospitava, gli spaghetti con la "bomba" calabrese e i cipollotti e la sua amatriciana (forse la migliore che abbia mai mangiato), le passeggiate a College Street per vedere se da Giovanna c'era gente oppure no, le canzonette d'una volta cantate a squarciagola nel traffico di Toronto, le serate con Vito e Tony, l'aparecchio acustico che funzionava sì e no, il peperoncino sempre in tasca per ogni evenienza. Sono ricordi che non si perderanno mai, come il rimpianto di non esserci stato a dirti addio.<br />Ciao, Gino. E scusa il ritardo.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-84873832956515787922008-11-05T11:25:00.005+01:002008-11-05T11:36:10.094+01:00Ma non chiamatela valanga<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE0SQ2mLdOd5YXl1vxeGhbU3dck_vvy_x20EXvnlSy1056OsIccBDgWr9Cg1RPZ6KVi0WwZAXByDX7y_TOekAhuly5JLfLGPXb6DPdDZVEpnhkaDAPTrzUFuIk-IP8gweVeuDkh8Jb_VE-/s1600-h/1984.png"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 247px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE0SQ2mLdOd5YXl1vxeGhbU3dck_vvy_x20EXvnlSy1056OsIccBDgWr9Cg1RPZ6KVi0WwZAXByDX7y_TOekAhuly5JLfLGPXb6DPdDZVEpnhkaDAPTrzUFuIk-IP8gweVeuDkh8Jb_VE-/s400/1984.png" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5265119601284190626" /></a><br />Reagan '84: 525 voti elettorali su 538 (vedi immagine sopra).<br />Roosevelt '36: 523.<br />Nixon '72: 520.<br />Reagan '80: 489.<br />Johnson '64: 486.<br />Roosevelt '32: 472.<br />Eisenhower '56: 457.<br /><br />Persino Clinton (379 nel '96 e 370 nel '92) e Bush sr. (426 nell'88) hanno fatto meglio di Barack Obama, che ha vinto bene, anzi benissimo. Ma non chiamatela valanga.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-12298719826342279002008-11-04T17:36:00.003+01:002008-11-04T17:38:27.534+01:00E se finisse così?<object classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=9,0,28,0" width="400" height="340" title="usa medio"><br /> <param name="movie" value="http://usa2008.tocqueville.it/usaEmbeed.swf?codice=254" /><br /> <param name="quality" value="high" /><br /> <embed src="http://usa2008.tocqueville.it/usaEmbeed.swf?codice=254" quality="high" pluginspage="http://www.adobe.com/shockwave/download/download.cgi?P1_Prod_Version=ShockwaveFlash" type="application/x-shockwave-flash" width="400" height="340"></embed><br /> </object>alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-76473665626661098862008-11-04T12:23:00.003+01:002008-11-04T12:28:07.441+01:00Stanotte in diretta con la storia<a href="http://www.radioluiss.it/it/home/"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgH7hEcVEoABT7MpI90tSPNjIJ00Ki_qUc4FmCrCqrbQzGQJlRxIFgJU2X7J9qLuXY3NIXHHoH4I8IdDJPyrKDinzPq73om5C7BopSt_r-Zt2QFX1pJkKNUEZmm66hLigc-4RN1u4DHsyoX/s1600-h/2007-07-26_occhioalle7-3.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 206px; height: 104px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgH7hEcVEoABT7MpI90tSPNjIJ00Ki_qUc4FmCrCqrbQzGQJlRxIFgJU2X7J9qLuXY3NIXHHoH4I8IdDJPyrKDinzPq73om5C7BopSt_r-Zt2QFX1pJkKNUEZmm66hLigc-4RN1u4DHsyoX/s400/2007-07-26_occhioalle7-3.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5264761905571343794" /></a></a><br />Da mezzanotte alle 8 del mattino una no-stop di news e analisi sulla webradio dell'università Guido Carli. Dalle 6 alle 8 ci sarà anche il sottoscritto.alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-66275198605736284152008-11-03T17:18:00.002+01:002008-11-03T17:20:54.790+01:00A guardare il toto Tesoro di Obama si vede poco socialismo e tanto clintonismo<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkk5vHzEaug3mnFG0XQGPlZLaPmR5Y2LfXa6uY5CC9qPy8IosPLRFVa2I1HxP9peG29AQERhlYrFecKaWmNtk_QVV6GmE2dlZFsB7Tk_v8dm6PFBKMWJ_gXV-O6L2ijLuwDRpT5S7CSwT4/s1600-h/hillary_and_obama.jpg"><img style="float:right; margin:0 0 10px 10px;cursor:pointer; cursor:hand;width: undefinedpx; height: undefinedpx;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkk5vHzEaug3mnFG0XQGPlZLaPmR5Y2LfXa6uY5CC9qPy8IosPLRFVa2I1HxP9peG29AQERhlYrFecKaWmNtk_QVV6GmE2dlZFsB7Tk_v8dm6PFBKMWJ_gXV-O6L2ijLuwDRpT5S7CSwT4/s400/hillary_and_obama.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5264466979454096066" /></a><br />Washington. Se i circoli della sinistra americana si augurano che Barack Obama dia più ascolto a Paul Volcker e a Warren Buffett per decidere – se eletto – il futuro economico del paese, allora significa che le alternative del probabile prossimo presidente degli Stati Uniti sono ancora più a destra di un ex governatore della Fed nominato da Jimmy Carter e confermato da Ronald Reagan e dell’uomo più ricco del mondo. John McCain – la tattica elettorale glielo impone – dice che non è così e che un’ipotetica Amministrazione Obama aprirebbe le porte al “socialismo all’europea”, ossia a tasse più elevate e a un aumento indiscriminato della spesa pubblica a partire dai settori da sempre cari alla sinistra liberal, istruzione e sanità. Per smentirlo, basterebbe elencare i nomi dei possibili candidati democratici alla poltrona di segretario al Tesoro che in questi giorni circolano sui giornali.<br />Tutti i commentatori concordano su due cose: che in tempi di crisi economica globale sarà proprio quello di segretario al Tesoro il ruolo chiave nella prossima Amministrazione e che, almeno nel campo democratico, la lista dei papabili è limitata a cinque o sei nomi. Il primo, almeno per chi crede nel dream team obamiano, è sicuramente quello di Warren Buffett, fondatore del fondo Berkshire Hathaway e da pochi mesi primo nella classifica mondiale dei super ricchi (al posto di Bill Gates). Quello che ormai è conosciuto in America come “l’oracolo di Omaha” – perché quando lui dice che un titolo è da comprare, vuol dire che è da comprare – è senza dubbio un finanziere con simpatie a sinistra e recentemente ha pure criticato l’eccesso di deregulation in campo finanziario nell’ultimo ventennio, però difficilmente si può definire un socialista. Lo stesso discorso si può fare per l’altro candidato forte, tra i democratici, al Tesoro: Jamie Dimon, ceo di JP Morgan Chase, una delle poche banche che – acquistando prima Bear Stearns e poi Washington Mutual – ha dimostrato con i fatti di non essere tra quelle in sofferenza a causa della crisi del credito. Come Buffett, Dimon è da sempre vicino ai democratici e spesso ha finanziato le campagne elettorali di alcuni esponenti liberal. Alle ultime primarie ha sostenuto la candidatura di Hillary, ma questo non dovrebbe essere un problema. La vicinanza ai Clinton è infatti un tratto in comune con tutti gli esperti economici che gravitano intorno a Barack Obama. E’ il caso di Laura Tyson, capo economista dell’Amministrazione democratica nei primi anni Novanta ed ex consigliere d’amministrazione di Morgan Stanley, oppure del giovane (ha 47 anni) Timothy Geithner, attuale presidente della Federal Reserve di New York e sottosegretario al Tesoro nell’ultimo biennio clintoniano. Per non parlare di Robert Rubin (segretario al Tesoro dal 1995 al ’99) e Lawrence Summers (dal ’99 a fine mandato), tra i principali consiglieri economici di Obama e con ottime probabilità di tornare a lavorare per l’Amministrazione in ruoli di prestigio.<br />Sono i due ex ministri clintoniani i membri di quella “free market élite” che poco piace nei circoli della sinistra liberal d’America e che ora, per ridurne le chance di ritorno al governo, ricorda come sia stato Rubin – d’intesa con l’allora capo della Fed, Alan Greenspan – a battersi contro la regolamentazione dei derivati finanziari. Summers, invece, è criticato soprattutto per i commenti politicamente scorretti di quando presiedeva l’Università di Harvard. I due sono anche gli animatori di un giovanissimo think tank, l’Hamilton Project, nato nel 2006 come costola di un pensatoio storico della sinistra americana, la Brookings Institution. E’ da questo centro studi che vengono quasi tutti i cervelli economici del team Obama. Gli economisti che ne fanno parte sono molto centristi e, per questo, odiati dai sindacati e dai gruppi di sinistra. Invitano a usare la leva fiscale, a fare investimenti nelle infrastrutture e allargare la base produttiva di ricchezza dell’America, piuttosto che a diffondere la ricchezza. Rubin e Summers sono i capi, ma la mente operativa fino a pochi mesi fa era Jason Furman, 37 anni, allievo di Rubin e ora direttore delle politiche economiche di Obama. Uno che, fino a un anno fa, sosteneva il modello di riforma sanitaria proposto da John McCain.<br />Alan Patarga<br /><br />(© Il Foglio, 29 ottobre 2008)alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3739418926452038894.post-14223343531706982192008-10-30T01:12:00.002+01:002008-10-30T01:14:37.391+01:00Il rivale mitico<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyEkQPLF2NM6aHMw-mKPPAfqQsFQ4NK90zt4clO2lS0av4ACKRINvIW6yffnoYtCfvsPhkn8_bht0VDz4tzWH8q6iBVTej8YXurZid8octcmD0lX5tjLAljGz62bf5fe3aXzFBc4el9tHy/s1600-h/Environmentalism.gif"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 298px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyEkQPLF2NM6aHMw-mKPPAfqQsFQ4NK90zt4clO2lS0av4ACKRINvIW6yffnoYtCfvsPhkn8_bht0VDz4tzWH8q6iBVTej8YXurZid8octcmD0lX5tjLAljGz62bf5fe3aXzFBc4el9tHy/s400/Environmentalism.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5262733672224131890" /></a><br />Milano. La nascita del mito verde in Italia ha una data precisa: è il 22 gennaio 1956 quando l’Espresso pubblica in prima pagina un’inchiesta di Manlio Cancogni dal titolo “Capitale corrotta = Nazione infetta”. L’obiettivo del reportage è la speculazione edilizia che a Roma, nel giro di pochi anni dalla fine della guerra, ha fatto sorgere uno dietro l’altro centinaia di palazzoni lungo le strade consolari su quelli che un tempo erano i latifondi del patriziato romano. Per la prima volta, nonostante la preoccupazione principale del settimanale sia denunciare il sistema di tangenti che manda avanti il boom edilizio, il tema della difesa dell’ambiente entra nel dibattito politico in Italia.<br />E’ sempre il 1956 quando Italia Nostra, un’associazione fondata l’anno prima da Umberto Zanotti Bianco e Giorgio Bassani, tiene il suo primo congresso. Fino ad allora l’ambientalismo, che pure esisteva da quasi mezzo secolo, era stato un movimento più simile a un sodalizio di amici della tavola che a un fatto in qualche modo politico. Tante petizioni, qualche raccolta di fondi, nessun contatto con la vita dei partiti. Ci aveva provato Erminio Sipari, ai primi del Novecento, a fare della difesa dell’ambiente un tema parlamentare: il deputato radicale, anche grazie all’appoggio di Benedetto Croce, riuscì a fondare il Parco nazionale d’Abruzzo nel 1922, stesso anno in cui prendeva forma anche quello del Gran Paradiso. Tanto Sipari quanto i suoi successori ritenevano però che la politica potesse essere un mezzo (molto provvisorio) per ottenere il loro fine, la tutela di alcune aree di pregio del paese. La fondazione delle prime due associazioni ecologiste d’Italia, Pro Natura (1948) e Italia Nostra (1955) non fu, in sostanza, che l’importazione di modelli esteri di conservazionismo come il National Trust del Regno Unito.<br />E’ nell’aprile del 1969 che a Berkeley, in California, l’ambiente diventa – per la prima volta – il pretesto per fare la rivoluzione. Quando il governatore Ronald Reagan manda la Guardia nazionale contro i giovani che piantano fiori e alberelli in un cantiere semiabbandonato, scoppia il putiferio. Sono, probabilmente, i lettori di Rachel Carson, che sette anni prima aveva pubblicato “Primavera silenziosa”, un saggio di denuncia contro l’uso dei pesticidi in America. Il Flower Power nasce così e in Italia, sull’onda della contestazione, cominciano le imitazioni. Nel 1975, durante il congresso radicale di Bologna, un gruppo di militanti decide di dar vita alla Lega naturista. L’obiettivo, tutto sommato ancora prepolitico, è difendere l’ambiente e “vivere secondo natura”. E’ però il Pci (lo stesso partito che fino a qualche anno prima diceva che era l’uomo, e non il lupo, “l’animale più braccato d’Abruzzo”, mentre la Cgil sosteneva che “l’ambiente è un lusso che non possiamo permetterci”) a intendere che, come ogni idea rivoluzionaria, anche quella verde sarebbe potuta diventare un dogma. Da una costola dell’Arci, l’associazione dei circoli ricreativi vicini al Partito comunista, prende forma la Lega per l’Ambiente (oggi Legambiente). E’ il 1980 e a fondarla è, tra gli altri, il trentaduenne Chicco Testa, che nel 1987 lascerà la presidenza del movimento per farsi eleggere alla Camera nelle file del Pci. Qualche anno più tardi nascono le prime liste Verdi (ne fanno parte ex radicali come Francesco Rutelli ed ex esponenti dell’ultrasinistra, come Paolo Cento), che si federeranno all’indomani della battaglia sul nucleare, conclusa con la vittoria del fronte contrario all’utilizzo dell’energia atomica in Italia. Nascono grazie a quel successo, una dietro l’altra, tutte le iniziative che fanno del mito verde la religione di chi non sopporta il progresso e l’uomo che lo promuove e che coinvolgono famiglie, scuole, bambini: dai lenzuoli alle finestre per protestare contro lo smog alle spedizioni punitive con i bambini armati di palette per “pulire il mondo”. Quando, all’inizio degli anni Novanta, alcuni scienziati cominciano a dire che il buco dell’ozono (nel frattempo rimarginato) provocherà l’effetto serra, che i ghiacci si scioglieranno e che l’uomo scomparirà a causa delle sue colpe, i sacerdoti del mito verde trovano l’Apocalisse in cui credere. Ci vorranno un Oscar e un Nobel per fare di Al Gore il Messia che ancora mancava. (ap)<br /><br />(© Il Foglio, 22 ottobre 2008)alpathttp://www.blogger.com/profile/00749489508430158825noreply@blogger.com0