giovedì 30 ottobre 2008

Cav., tira giù quel muro verde


Milano. La grande battaglia di Silvio Berlusconi contro il pensiero unico dell’ecologismo imperante, contro la “scomoda verità” di un premio Nobel come Al Gore, contro la tendenza conformista che ha contagiato destre e sinistre mondiali – perché l’ecologismo elettoralmente paga – ha raggiunto il suo picco nel consesso europeo governato da Nicolas Sarkozy. E’ il pacchetto energia e clima su cui il “no” italiano ha scatenato polemiche feroci. Il presidente francese e presidente di turno dell’Ue ha preso la parola al Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, per dire che “non approvare il pacchetto climatico comunitario sarebbe drammatico e irresponsabile”. Senza nominarlo, Sarkozy parlava del Cav. e della sua opposizione all’adozione del pacchetto 20-20-20 che prevede, entro il 2020, la riduzione del 20 per cento (rispetto al 2005) delle emissioni di gas serra, l’abbattimento dei consumi energetici del 20 per cento e la dipendenza al 20 per cento da fonti rinnovabili.
Nelle stesse ore, Berlusconi, intervenendo ieri all’assemblea di Confindustria a Napoli, è tornato a dire quel che avevano già detto nei giorni precedenti lui e il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo: “Se l’Europa e i cittadini europei vogliono dare l’esempio a tutto il mondo – ha spiegato il Cav. – bisogna fare in modo che questo prezzo almeno sia pagato da tutti e in parti uguali, perché non può essere per il 18 per cento a carico dell’Italia”. Sebbene il premier dichiari che il motivo principale delle sue perplessità sia la crisi economica incipiente (ieri il Fondo monetario internazionale e il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, hanno annunciato ufficialmente che l’Italia è in recessione) e che una nuova analisi costi-benefici potrebbe persino convincerlo dell’opportunità di anteporre gli interessi dell’ambiente a quelli dell’economia, il suo è un “no” contro l’ideologia ecologista imperante. Ne è conferma la reazione della sinistra italiana, tanto sensibile alla fine del mondo causata dallo scioglimento dei ghiacci. Se per il capogruppo del Pd alla commissione Ambiente della Camera, Roberto Della Seta, “Sarkozy ha dato una lezione di buonsenso alla destra italiana”, per l’ex ministro e leader del Prc, Paolo Ferrero, “Berlusconi ha torto e Sarkozy ragione” e per la portavoce dei Verdi, Grazia Francescato, “c’è da ringraziare che ci sono l’Europa e Sarkozy”.

Il nuovo patto di Varsavia
E’ vero – come ha sottolineato il Cav. – che “l’Italia, con la Germania, è uno dei paesi che più basano la loro economia sul settore manifatturiero” e che limitare le emissioni di gas serra è un provvedimento che va a colpire, soprattutto, le industrie di quel settore. E’ vero anche, però, che il cancelliere Angela Merkel – che pure qualche riserva sul piano ce l’ha – ha preferito accettare il pacchetto e poi, semmai, riservarsi la possibilità di trattare qualche sconto per l’economia tedesca in fase negoziale. Come Berlusconi hanno agito soltanto i paesi dell’est europeo, entrati a far parte dell’Ue tra il 2004 e il 2007. Il loro rifiuto delle rigide regole pensate a Bruxelles per combattere l’inquinamento e il riscaldamento terrestre va oltre la semplice difesa dei pur legittimi interessi economici (la maggior parte dei nove paesi ha impianti industriali obsoleti e fa largo uso di carbone) e si spiega con un’avversione istintiva e comprensibile a qualsiasi tentativo dell’autorità pubblica di influire sul ciclo economico. Che nel fronte del “no” si trovino Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Lettonia, Lituania ed Estonia – tutti paesi che per mezzo secolo sono rimasti nell’area d’influenza del socialismo reale sovietico, quando non sotto il controllo diretto di Mosca – è indicativo. Che l’unico leader dell’Europa occidentale a sostenerli sia anche l’ultimo leader che ha fatto dell’anticomunismo in quanto tale un valore da portare al governo sembra più di una coincidenza.
Così, nonostante Legambiente ironizzi sul “nuovo patto di Varsavia” che avrebbe nel Cav. la guida, la battaglia europea di Berlusconi sul clima appare sempre più come il rinnovarsi dell’eterna lotta contro il comunismo come ideologia imperante (era del ministro Brunetta un pamphlet di qualche anno fa sugli ambientalisti “verdi fuori e rossi dentro”) e i suoi satelliti, come il socialismo ambientalista che ha trovato nell’ex vicepresidente americano Al Gore, premiato l’anno scorso con il Nobel per la pace, il miglior uomo immagine possibile. In questa lotta, tra i leader conservatori dell’occidente, Berlusconi sembra solo. Non lo segue Sarkozy, che anzi proprio sulla lotta al riscaldamento globale ha incassato ieri il primo voto bipartisan del Parlamento francese, ma che soprattutto avrebbe un tornaconto diretto dall’approvazione del piano: la Francia potrebbe vendere più energia (prodotta con le centrali nucleari) agli altri partner europei e il governo Fillon avrebbe la scusa per concedere sovvenzioni all’industria automobilistica francese. La rupture ambientale del presidente francese ha avuto il volto algido e seducente di Nathalie Kousciusko-Morizet, il giovane sottosegretario che ha fatto confluire il suo piccolo movimento ecologista, Écologie Bleue, nel grande contenitore dell’Ump. Ieri a Parigi è stato il suo giorno: quando il capogruppo del Partito socialista all’Assemblea nazionale, Jean-Marc Ayrault, ha annunciato che l’opposizione avrebbe votato a favore del pacchetto ambientale della “Grenelle” (dal nome della strada parigina in cui si sono tenute le prime riunioni tra governo, enti locali e parti sociali sul tema), i deputati dell’Ump sono scattati in piedi e hanno applaudito. In un anno e mezzo è la prima volta che maggioranza di destra e opposizione di sinistra si trovano d’accordo su qualcosa e votano di conseguenza. Non è un caso che sia proprio l’ideologia ecologica a unire mondi che paiono inconciliabili.
Non lo segue Angela Merkel che, per ragioni di opportunità politica (l’anno prossimo in Germania si vota e le istanze “verdi” sono considerate molto popolari nel paese) ma anche di convinzione personale (vedi il viaggio dello scorso anno in Groenlandia per vedere da vicino “gli effetti del climate change”) preferisce far adottare alla Cdu una linea di maggiore apertura ai temi ecologisti. Non lo segue il leader dei conservatori britannici, David Cameron, che un paio d’anni fa aveva lanciato la campagna “vote blue, go green” e che da tempo pubblicizza le sue scelte salutiste ed “ecofriendly”. Persino in America il Cav. trova poco seguito. E non tra i democratici, come è lecito aspettarsi, ma anche tra i repubblicani. Lo stesso John McCain lo scorso anno è stato il primo firmatario – con Joe Liebermann – di un disegno di legge per la riduzione delle emissioni industriali negli Stati Uniti.
Se McCain è un maverick capace di tutto, certo non si può dire lo stesso di Newt Gingrich, ex speaker della Camera dei rappresentanti e guru della destra liberista americana, che qualche mese fa ha partecipato a una campagna promozionale contro il global warming girando pure uno spot televisivo. Così, mentre il pensiero unico verde ha assunto sempre più i contorni di una nuova religione politicamente corretta, il Cav. ha berlusconianamente scelto di combattere contro il nuovo mito, le nuove ipocrisie, la nuova ideologia di attrazione di massa.

(© Il Foglio, 21 ottobre 2008)

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