martedì 5 febbraio 2008

Così il genero perfetto ha ideato la grande truffa di Francia


Parigi. Sguardo penetrante, faccia pulita da ragazzo cresciuto nella provincia, un ottimo lavoro in una delle più grandi banche francesi e la passione per i bambini, ai quali insegnava le mosse di judo. Jérôme Kerviel sarebbe stato la gioia di qualunque suocero o aspirante tale. E’ diventato, suo malgrado, l’uomo di cui tutta la Francia non riesce a non parlare (persino più del presidente Nicolas Sarkozy) e una star del web. E’, la sua, la banalità dei derivati bancari, del soldo facile che puoi fare se hai un lavoro rispettabile e ci sai fare con i numeri e con il computer, e se il sistema di controlli della banca in cui lavori è talmente oliato da poter essere eluso. E’ la storia di un ambizioso monsieur Travet di 31 anni che decide di frodare Société Générale e le causa cinque miliardi di euro di perdite e che, scoperto, si chiude in una stanza con i suoi superiori e ce li tiene tutto il sabato notte per convincerli che no, lui non voleva frodarli, lui voleva sperimentare un nuovo sistema di investimenti che “avrebbe fatto arricchire enormemente la banca”. Chissà se ci credeva davvero, Jérôme, o se la sua era soltanto l’ultima recita.
Gli amici d’infanzia, rintracciati in un villaggio dimenticato della Bretagna, Pont-l’Abbe, dicono che il giovane trader fosse cambiato dopo la morte del padre, circa un anno fa. E forse anche il fallimento di un matrimonio “due o tre anni fa” aveva contribuito a cambiare il carattere di quel ragazzo che abitava in un appartamento a Neully-sur-Seine, il sobborgo parigino di cui Sarkozy era stato sindaco negli anni Ottanta. Ma i vicini di casa non lo vedevano mai (“tornava tardi, era sempre al lavoro”), lui non parlava con nessuno. Anche con i colleghi gli scambi di vedute erano pochi. Al limite, il trader bretone con una laurea ottenuta in un’università di provincia era conosciuto per la sua abilità al computer. “Era quasi un hacker”, dicevano ieri i colleghi. “Abbiamo a che fare con un genio della truffa”, ha detto pure il governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, e magari l’ha detto pure per mascherare l’imbarazzo suo e della banca frodata. Perché quando un dipendente di seconda fila come Kerviel riesce a gestire futures sugli indici di Borsa per 50 o 60 miliardi di euro, i casi sono due: o è un genio o il sistema di controllo è un colabrodo.
La spiegazione ufficiale fornita dai vertici di Société Générale, e che l’inchiesta disposta dalla banca centrale francese per appurare le responsabilità dovrà verificare, lascia emergere una situazione surreale: quella di un giovane e sconosciuto bancario di secondo, se non di terzo piano che – grazie alle sue capacità informatiche – riesce a beffare cinque linee di controllo interno, crea un canale di investimenti parallelo a quello ufficiale della banca, punta a suo piacimento sui titoli che a suo avviso possono essere più remunerativi con i garantitissimi futures “plain vanilla” e che, a dispetto dell’elevato concetto che ha di sé e delle sue strategie da trader, comincia a perdere soldi su soldi, molti più di quanti il suo ufficio possa gestire in un anno. Quasi più di quanto sia la capitalizzazione dell’intera banca. E per coprire le perdite, come ogni cattivo giocatore, continua a rilanciare nella speranza che una mano fortunata lo ripaghi dell’azzardo precedente.
La mano fortunata di Jérôme Kerviel non è arrivata mai. Venerdì scorso, dopo undici mesi (così dicono le prime risultanze di indagine) di scommesse finanziarie proibite con i soldi della sua banca, è arrivato invece il passo falso che – secondo la ricostruzione fornita alle autorità di controllo – ha consentito ai suoi superiori di scoprire la più grande truffa bancaria di tutti i tempi. Un errore veniale, il suo, un passaggio dimenticato che ha lasciato attivo il sistema informatico della banca ideato per scongiurare avventure come la sua. S’era sempre ricordato di disattivarlo, fino a venerdì. Quando i responsabili di SocGen si sono resi conto dell’accaduto hanno segnalato l’anomalia alla Banca di Francia e hanno istituito una task force interna per scoprire chi, tra i dipendenti, avesse tradito la fiducia dell’azienda. Di quella squadra, si racconta, faceva parte anche Jérôme. Il doppio gioco è durato poche ore, fin quando il giovane trader non ha potuto far altro che tentare la carta della sua genialità per convincere i suoi superiori che la sua fosse un’opera di bene.

I dubbi sulla banca
La ricostruzione di SocGen non convince tutti. L’impressione che “la banca abbia ingigantito la malversazione di Kerviel per nasconderne altre” – come diceva ieri l’economista Elie Cohen – e che possa aver usato il trader come capro espiatorio qualcuno ce l’ha. La reazione repentina, quasi irrazionale, dei vertici della banca francese sembra deporre contro questa tesi, perché la scelta di rivendere subito le partite accumulate dal trader a prescindere dalle condizioni del mercato, che lunedì erano pessime, ha causato perdite ancor più ingenti alla società. Il dubbio però rimane. Come rimangono le ombre sull’operato della Banca di Francia, che ha reso noto l’episodio mercoledì pur avendo appreso della storica truffa ai danni di Société Générale fin da domenica. Sulla stampa francese, in due giorni, le voci sulle possibili dimissioni del governatore Noyer si sono moltiplicate, per non parlare di quelle sul possibile passaggio di mano di SocGen, che però “ha le spalle sufficientemente larghe per superare questa prova”, ha ribadito proprio il numero uno della banca centrale transalpina. Le perdite miliardarie annunciate giovedì da Société Générale hanno però messo a dura prova il sistema finanziario globale, in particolare quello europeo, e hanno anche sottoposto a un ulteriore test la politica francese e la pazienza del presidente, Nicolas Sarkozy, e del primo ministro, François Fillon. Il ministro delle Finanze, Christine Lagarde, sta cercando di ricostruire al meglio quanto è successo lo scorso fine settimana, quando SocGen ha scoperto le decine di miliardi di euro di posizioni scoperte. Forse, si chiedono ora molti osservatori, Noyer avrebbe dovuto avvisare prima il governo. Ieri Fillon ha sottolineato il fatto che, in quanto privata, Société Générale non era tenuta a comunicare all’esecutivo la situazione nella quale versava. Il braccio di ferro tra autorità politiche e bancarie sembra però soltanto all’inizio. Banchieri londinesi e tedeschi sottolineano la gravità dell’accaduto. Dicono che Noyer, ovvero un membro del consiglio della Banca centrale europea, pur sapendo dei problemi di un istituto delle dimensioni di SocGen ed essendo a conoscenza della possibilità di un taglio dei tassi di interesse della Federal Reserve (avvenuto poi martedì) non sia intervenuto in qualche modo. E dicono che, così facendo, abbia messo un macigno sulla possibilità che venga messo a punto a breve un consiglio generale di supervisione bancaria a livello europeo.

(© Il Foglio, 26 gennaio 2008)

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