Nell’America dei diritti civili c’è un diritto che viene celebrato ogni anno con una giornata particolare: il diritto a nascere perché la vita è “santa”. A istituire la giornata per la santità della vita umana (“National Sanctity of Human Life Day”) non è stato però il cristiano rinato Bush, ma uno dei suoi predecessori più popolari e meno discussi dalla sinistra di oggi. Nel 1984, Ronald Reagan era al termine del suo primo mandato presidenziale. Di lì a qualche mese avrebbe affrontato la campagna elettorale per la rielezione e la decisione di schierare la presidenza sul fronte pro life poteva rivelarsi un azzardo. Il 22 gennaio di quell’anno, Reagan decise lo stesso che l’undicesimo anniversario della sentenza “Roe vs. Wade” della Corte suprema – quella che aveva legalizzato la pratica delle interruzioni di gravidanza negli Stati Uniti dichiarando incostituzionali le leggi antiabortiste adottate in alcuni stati – andasse “festeggiato” ricordando il valore della vita umana a partire dal suo concepimento. Il presidente repubblicano, nel suo discorso, ricordò come “il primo dei ‘diritti inalienabili’ citati nella Dichiarazione di indipendenza” fosse proprio il diritto alla vita, “un diritto che secondo la Dichiarazione è stato dato dal Creatore a tutti gli esseri umani, che siano essi giovani o anziani, deboli o forti, in buona o in cattiva salute”. “Dal 1973 invece – disse Reagan – più di 15 milioni di bambini sono morti a causa di aborti legali, una tragedia di dimensioni straordinarie che contrasta tristemente con la nostra convinzione che ogni vita sia sacra. Questi bambini, dieci volte i caduti in tutte le guerre affrontate dalla nostra nazione, non rideranno mai, non canteranno, non faranno mai l’esperienza gioiosa dell’amore umano. L’aborto li ha privati del loro primo e basilare diritto di esseri umani e noi siamo infinitamente più poveri a causa di questa perdita e non soltanto per il loro mancato contributo, ma per l’erosione del senso di valore e dignità che dovremmo riservare a ciascun individuo”. Da allora, la terza domenica di gennaio è stata dedicata da tutti i presidenti (con l’eccezione di Bill Clinton) alla celebrazione della santità della vita umana. Bush ha aspettato il termine del suo primo anno di presidenza per riprendere la tradizione e da allora – nonostante le contestazioni – ha continuato. Domenica 20 potrà annunciare la miglior notizia del suo secondo mandato: l’inizio di un boom demografico paragonabile a quello degli anni Cinquanta.
Gli ultimi dati statistici disponibili, ripresi ieri dall’Associated Press, dicono che in America nascono sempre più bambini. Nel 2006 in tutto il paese si sono registrati 4,3 milioni di parti, un record che riporta alle cifre del 1961, uno degli ultimi anni dei “baby boomers”. Un quarto delle nuove nascite è riconducibile al continuo espandersi della prolifica (e cattolicissima) comunità ispanica, ma stando ai dati sono tutte le componenti etniche statunitensi ad aver figliato di più. I minimi storici degli anni Settanta (registrati proprio a ridosso della sentenza “Roe vs. Wade”) sembrano lontanissimi. E sembrano lontani anche gli altri paesi industrializzati alle prese con tassi di natalità prossimi allo zero. I fattori di questa esplosione demografica sarebbero parecchi. La ricerca cita, tra le altre ragioni, “il minor uso di contraccettivi” e “la riduzione degli aborti”. Secondo Nan Marie Astone, docente di Demografia e riproduzione alla Johns Hopkins University, c’è però un innato attaccamento alla vita degli statunitensi alla base del boom di nascite: “Agli americani – ha spiegato all’Ap – i bambini piacciono. Noi siamo quelli che, quando le cose vanno bene economicamente, diciamo subito ‘facciamo un altro figlio’”. E se il New England liberal e pro choice anche nei numeri assomiglia all’Europa quasi senza più culle, negli stati evangelici del Midwest e del sud i fiocchi azzurri e rosa sono sempre più frequenti. Diceva Thomas Jefferson che “la cura della vita umana e della felicità e non la loro distruzione sono il primo e unico fine legittimo di un buon governo”. E’ la lezione americana, quella impartita da chi fa l’amore e non l’aborto.
Alan Patarga
(© Il Foglio, 17 gennaio 2008)
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