lunedì 4 agosto 2008

Grazie Hoover

E’ grazie a un ferro vecchio del ’29 se i banchieri americani sanno che il caos dei mutui subprime rimarrà più o meno senza conseguenze per molti di loro: a loro non importa che le cronache si occupino di Freddie Mac e Fannie Mae, la strana coppia del credito immobiliare sponsorizzato (e salvato) dall’erario americano. Erano trascorsi meno di tre anni dal crollo di Wall Street quando l’allora presidente, Herbert Hoover, approvò la costituzione della Federal home loan bank, un’agenzia con dodici sedi distaccate e un compito ben preciso: concedere mutui di alto livello (e basso rischio) alle banche d’America per innescare una nuova apertura del credito immobiliare dopo gli anni bui della grande depressione. La ragione sociale era assai simile a quella che, più tardi, Fannie Mae (fondata nel 1938) e Freddie Mac (1970) avrebbero assunto. Le differenze, in sessantasei anni di storia, sono state semmai una questione di stile dettato dagli azionisti di riferimento delle tre agenzie. Freddie e Fannie, entrambe a capitale pubblico, sono state per anni oggetto dell’attenzione dei lobbisti e della politica e hanno anche conosciuto le polemiche sulle spese pazze per stipendi e buonuscite dei manager, i quali peraltro – nel corso degli anni – hanno via via accettato volentieri di usare formule creditizie sempre più rischiose, non disdegnando neppure i subprime, pur di espandere le quote di mercato delle loro creature. I dirigenti della Fhlb – nessun nomignolo per coprire la noia della sigla – hanno seguito un’altra strada e lo hanno fatto soprattutto perché non era la politica a condizionarli, bensì il mercato. L’azionista di riferimento dell’agenzia fondata da Hoover è un gruppo di 8.100 soci, tutte banche e istituzioni finanziarie che, insieme, rappresentano circa l’80 per cento dell’industria statunitense del credito. L’Amministrazione non detiene nemmeno un’azione, né direttamente né attraverso agenzie sussidiarie, e si limita a concedere – in virtù della grande rappresentatività della compagine sociale della Fhlb e della solidità dei suoi investimenti – un trattamento di favore: l’agenzia è completamente esente da tasse e può accedere al credito a condizioni quasi uguali a quelle del dipartimento del Tesoro.

La “mano invisibile” del signor H.
Fino all’anno scorso l’agenzia aveva onorato il suo ruolo di creditore di lusso senza grandi scossoni. Mentre il mercato del credito si ampliava in continuazione con nuovi e allettanti prodotti poi rivelatisi meno sicuri del previsto, la quota di mercato della Federal home loan bank rimaneva più o meno sempre la stessa. A giugno 2007 risultava che l’agenzia avesse prestato alle banche affiliate, nel complesso, circa 640 miliardi di dollari. Numeri in linea con quelli degli anni precedenti. Il 30 giugno di quest’anno la quota di prestiti era salita a 914 miliardi e i 274 di differenza sono molti più di quanti la Fed o l’Amministrazione Bush ne abbiano stanziati per coprire le discusse operazioni di Freddie e Fannie. Che il flusso di denaro concesso alle banche americane abbia centrato l’obiettivo di salvarle da una crisi di liquidità che le avrebbe travolte in massa lo dimostrano le notizie di questi giorni. Quattro tra le principali banche del paese – Bank of America, Citigroup, JP Morgan Chase e Wells Fargo – hanno annunciato lunedì l’intenzione di emettere bond “coperti”, sul tipo di quelli utilizzati in Europa per garantire gli investimenti immobiliari, con l’obiettivo di rendere più facile l’accensione di mutui negli Stati Uniti dopo lo shock dello scorso anno. Merrill Lynch ha invece deciso di disfarsi degli asset legati al caos dei mutui, a costo di perdere molti miliardi di dollari nell’operazione e di affrontare una dolorosa ricapitalizzazione pur di dimostrare di essere fuori dalla crisi e di assomigliare un po’ meno a Freddie e Fannie e un po’ di più al vecchio arnese creato da Hoover. Arnese che nessuno vede ma che tutti utilizzano.
Alan Patarga

(© Il Foglio, 31 luglio 2008)

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