La gigantografia che campeggia dietro al palco dell’auditorium del museo dell’aviazione di Herzliya dice molto sulle primarie che – per la prima volta – porteranno a una scelta dal basso di un leader di Kadima. Fu Ariel Sharon, nel 2005, a svuotare il Likud della sua forza riformista e a ridurlo a semplice movimento di destra, fondando un nuovo partito in grado di drenarne consensi. E’ ancora Sharon, oggi, a influenzare più di chiunque altro la successione al suo successore Ehud Olmert. L’ex premier è in coma da due anni e mezzo, nel frattempo lo scenario politico è radicalmente mutato e il suo ex vice dovrà dimettersi dalla carica di premier per i troppi scandali, eppure la corsa a tre per le primarie del 17 settembre sarà soprattutto una gara tra leader politici pronti a tutto pur di accreditarsi come eredi autentici dello sharonismo.
Avi Dichter, oggi ministro della Sicurezza interna e fino al 2005 capo dello Shin Bet, non ha nascosto questa sua aspirazione al momento di lanciare la candidatura. L’enorme ritratto di Sharon alle sue spalle e le parole che ha usato per dire che lui è l’erede del disegno politico dell’ex primo ministro spiegano al meglio il fascino che l’ex eroe del Kippur può ancora esercitare: “Ho accettato di far parte di Kadima perché condividevo la visione di Sharon e il suo modo nuovo di far politica. Mi chiedo dove sia finita oggi quella visione, se tutto sia andato perduto il giorno in cui lui è stato colpito da un infarto”. Per rendere credibile la sua strategia del ritorno alle origini, Dichter ha chiamato con sé sul palco Ra’anan Gissin, portavoce storico dell’ex premier. “Se è giusto dare credito più ai fatti che alle sole parole, allora i fatti dicono che il vero erede politico di Sharon è Dichter”, ha confermato Gissin. Non sono in molti, tra i maggiorenti di Kadima, a condividere la sua opinione. I numeri dicono che la scommessa di Dichter è persa in partenza: quando, tra un mese, i delegati del partito saranno chiamati a scegliere il successore di Olmert, per l’attuale ministro della Sicurezza pubblica i voti saranno pochi, almeno secondo i sondaggi. A dividersi la maggior parte dei consensi saranno altri due ministri in carica: la titolare degli Esteri, Tzipi Livni, e Shaul Mofaz, oggi al ministero dei Trasporti. Mofaz, che può vantare un’agguerritissima macchina di reclutamento degli iscritti, ha lasciato intendere che una sua premiership sarebbe tutt’altro che incolore (l’ex capo di stato maggiore, nato a Teheran, ha ripetuto in più occasioni che ulteriori provocazioni iraniane sul dossier nucleare non sarebbero tollerate da un suo governo). Livni, dopo aver raccolto gli endorsement della maggioranza dei parlamentari di Kadima e aver imparato che per vincere serve anche sorridere di tanto in tanto, ha cominciato un tour che non ha trascurato la minoranza drusa e quella araba, rivelatesi determinanti alle primarie di Avoda del 2007 per il successo di Ehud Barak.
Anche Livni e Mofaz hanno cercato di accreditarsi come eredi di Sharon. L’ipertelegenico ministro degli Esteri (secondo i sondaggi l’unica in grado di non soccombere, al voto, contro il Likud di Bibi Netanyahu), che ha puntato sulla formazione di una squadra di collaboratori di primo livello. Livni ha assunto quasi tutti i “saggi del ranch”, i più stretti consiglieri dell’ex premier. Reuven Adler, Eyal Arad e Yoram Raved sono entrati nel suo staff. Furono loro, nel corso di una delle riunioni di lavoro al Sycamore Ranch, a suggerire a Sharon la strategia per liberarsi del fardello ideologico del Likud. Kadima nacque così, e Livni era lì, quel giorno, seppure un po’ per caso.
(© Il Foglio, 15 agosto 2008)
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