“Colui che non può accordarsi con i suoi nemici, finisce per essere controllato da loro”, recita uno dei dieci proverbi preferiti dal dottor Dragan Dabic, l’identità da psichiatra-santone che Radovan Karadzic, sul sito Internet in cui il guaritore new age si offriva per apparizioni in talk show o consulti privati, dicono avesse assunto negli anni della latitanza. In realtà, dopo che agenzie e giornali si sono appropriati in fretta delle informazioni contenute sulla scarna pagina web (“al dottore piacciono i cibi biologici locali e ha una predilezione per il riso integrale, i legumi, le mandorle, le noci, l’uvetta, i fichi secchi e l’acqua”) all’indomani della sua cattura, si è scoperto che il sito era una burla messa online poche ore dopo l’arresto dell’ex presidente della Repubblica serba di Bosnia.
Nonostante la pagina web fosse un falso, non è escluso che il proverbio cinese, a uno come Karadzic, possa piacere davvero. L’ex boia di Srebrenica, finito sotto processo con le accuse a suo carico di crimini di guerra e genocidio, sa che nella sua nuova posizione non può più negoziare nulla. Come Slobodan Milosevic – che a sua volta decise di sostenere da solo la propria difesa processuale – sa però che trasformare un procedimento giudiziario in un dibattito politico può aiutarlo a essere più forte. Conscio di non poter negoziare alcunché se non la vita (il Tribunale internazionale dell’Aia non commina la pena di morte), l’ex leader serbo-bosniaco ha raccontato d’un negoziato vecchio di dodici anni con l’allora inviato statunitense nei Balcani, Richard Holbrooke. “Siglammo un accordo che mi garantiva salva la vita e mi avrebbe evitato un processo come questo a patto che mi ritirassi subito dalla vita politica, e così feci”. Holbrooke – l’uomo che l’allora segretario di stato, Warren Christopher, scelse per concludere l’accordo di pace di Dayton che pose fine alla guerra tra Serbia e Bosnia – nega con decisione l’esistenza del patto con il diavolo Karadzic, dice che è “una menzogna” e sostiene di essere pronto a volare fino in Olanda per raccontare tutto quel che sa sulla vicenda. Non tutti gli credono. Due anni fa, nel corso di un’audizione al Congresso, l’ex diplomatico dovette giurare che quell’intesa nero su bianco tra l’Amministrazione Clinton e Radovan Karadzic non c’era mai stata per convincere i parlamentari statunitensi che si trattava soltanto di una leggenda. Ieri è stato l’ex ministro degli Esteri bosniaco (e acerrimo nemico di Karadzic), Mohammad Sacirbey, a ribadire invece che quell’accordo ci fu e che per anni fu rispettato. “Me ne parlò per la prima volta il diplomatico americano Robert Frowick, capo della missione dell’Osce in Bosnia nel 1996”, ha dichiarato l’ex ministro (responsabile per il suo paese, fino al 2000, dell’applicazione del trattato di Dayton) al canale all news iraniano Press Tv, precisando che Frowick era una fonte “degna della massima fede”, tanto che pure lui s’è detto pronto a raccontare la propria versione all’Aia. Che poi è la stessa versione dell’ex premier serbo-bosniaco Gojko Klickovic, per il quale “l’accordo Karadzic-Holbrooke firmato il 19 luglio del 1996 esiste” e sarebbe stato “in cinque punti”.
Se è vero, come raccontò anni fa l’ex parlamentare missino Giulio Caradonna che “gli americani nel dopoguerra avevano affidato la riorganizzazione della polizia italiana all’ex maggiore delle Ss, Karl Hass”, lo stesso che poi finì sotto processo con Erich Priebke per la strage delle Fosse Ardeatine, allo stesso modo non sarebbe strano pensare a un accordo raggiunto dalla diplomazia statunitense con Karadzic per garantire a quest’ultimo l’impunità in cambio di una rapida uscita di scena dalla politica balcanica. C’era ancora Milosevic con cui fare i conti, e infatti tre anni più tardi le armi tornarono a dettare i rapporti di forza in occasione della crisi kosovara.
Chi rischia però di rimanere danneggiato dall’eventuale conferma del patto Karadzic-Holbrooke è Barack Obama. Da settimane, a Washington, si parla infatti dell’ex ambasciatore clintoniano all’Onu come del perfetto segretario di stato per l’inesperto senatore dell’Illinois. Holbrooke – che come Madeleine Albright fa parte dei consiglieri di Obama per la politica estera – sembra avere le giuste caratteristiche per ricoprire quel ruolo. Qualora emergesse un suo ruolo nella stipula del patto con Karadzic, sarebbe però difficile per Obama garantirgli un posto nel suo staff e peggio ancora in un ipotetico gabinetto. Nonostante la retorica liberal del ritiro, anche i democratici sanno che l’America è ancora in guerra con il terrorismo islamico e scegliere come capo della diplomazia un ministro in grado di concordare un giorno con Osama bin Laden una buonuscita onorevole non sarebbe una bella premessa per uno che aspira a fare il commander in chief.
Alan Patarga
(© Il Foglio, 2 agosto 2008)
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