martedì 9 settembre 2008

Due pesi, due misure


Riconoscere il disinteresse degli adolescenti (o poco più) che scelsero di combattere a Salò per l'Italia fascista (l'unica che avessero mai conosciuto) anziché per quella sabauda non è da fascisti, è semplicemente la presa d'atto fin troppo tardiva di una buona fede che quasi sempre ci fu e che troppo a fatica viene riconosciuta persino 65 anni dopo, oltre che l'unico modo per chiudere una guerra civile strisciante mai terminata davvero. Lo fece l'ex presidente della Camera, Luciano Violante, una decina d'anni fa (forse undici) e la sua appartenenza al Pci-Pds-Ds lo salvò dal linciaggio mediatico. Che lo faccia un ministro della Difesa di destra, però, non è ammesso: è l'ennesima prova dell'ipocrisia del dogma antifascista della sinistra italiana, che dimentica i Pansa, i Violante, persino gli Scalfari (andate a leggervi l'intervista concessa a Pietrangelo Buttafuoco qualche mese fa e pubblicata sul Foglio) e finge di essere ancora in trincea contro il nemico immaginario. Con un solo risultato: condannare alla damnatio memoriae mezza Italia, quella che in buona fede decise di combattere – parole di Francesco De Gregori – "dalla parte sbagliata" soltanto perché non conosceva altro rispetto a quel sistema di valori e di gerarchie (che fossero sbagliati è stata la storia a dirlo) in cui era cresciuta. Non è un caso che l'età media dei soldati repubblichini fosse intorno ai diciott'anni, mentre quella dei partigiani si avvicinasse più ai trenta che ai venti. Quei quindicenni "sbranati dalla primavera" meritano un po' di rispetto, nessuno ha preteso di dire che avessero ragione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

e con le frasi di Fini come la mettiamo? Ti sembra che rispettino quei patrioti?