Roma. Che faccia freddo è un fatto. Che faccia caldo, una teoria. Eppure, a leggere le cronache e a sentire parecchi notiziari meteorologici, l’arrivo di un’ondata di gelo sull’Italia sembrerebbe la riprova – nientemeno – che delle catastrofiche previsioni dei sostenitori del global warming. Che la contraddizione sia nei termini stessi del problema, lo dicono i dati climatici degli ultimi anni. Il blocco di bassa pressione che si è formato sulla Scandinavia ha richiamato aria molto fredda di origine artica verso sud, fino a toccare l’Italia, e in particolare la costa adriatica e le regioni meridionali. Come spiegava il 15 ottobre Andrea Meloni, esperto di MeteoGiornale.it, un sito Internet italiano dedicato esclusivamente all’analisi dei fenomeni atmosferici, “nel semestre freddo, quando in Europa il flusso di venti atlantici è assente, sovente si realizza un’area di bassa pressione in Scandinavia (...) è un’evoluzione che abbiamo vissuto parecchie volte negli ultimi anni, specialmente in novembre”, ma che non è poi così rara nemmeno in ottobre. E’ sufficiente leggere gli annuari meteorologici degli ultimi anni per trovare conferma: il servizio meteorologico online ricordava come fenomeni simili si fossero registrati nell’ultima decade di ottobre nel 1997, nel ’98, nel ’99, nel 2002 e nel 2003. “Al contrario, alla fine di ottobre del 2004 si registrò un’ondata di caldo estivo al sud e in Sicilia”, quella sì fuori stagione. “Seppur estreme, le linee di tendenza climatica per le prossime due settimane di ottobre indicano condizioni già vedute nel passato”, concludeva l’esperto di MeteoGiornale.it. Le previsioni (incluse le nevicate a bassa quota e la bora a Trieste) si sono rivelate esatte al millesimo, motivo in più per credere alle parole dell’esperto. E’ lo stesso esperto che, il 12 ottobre scorso, rilevava come “di questo ottobre non si può di certo dire che sia caldo: le temperature sono generalmente prossime alle medie (...) La scorsa estate ha veduto tantissima pioggia nei paesi dell’Europa nordoccidentale, come non accadeva da decenni, con l’aggiunta che è stata una stagione straordinariamente fresca”. E proseguiva dicendo che “quel che inizia a far notizia, e di cui sempre più spesso parleremo, è il freddo precoce, persino violento, che potrebbe, così prospettano i modelli matematici, investire a più riprese il nord dell’Europa e pesantemente il suo est, con imponenti ondate di gelo” in grado di lambire anche il Mediterraneo e l’Italia, fino a pochi giorni fa ancora inaspettatamente (e tardivamente) temperati.
Così, se può sembrare verosimile che non ci siano più le mezze stagioni (luogo comune vecchio almeno quanto quello per cui “sono sempre i migliori quelli che se ne vanno”), meno verosimili sembrano gli allarmi di quegli scienziati che parlano di “tempo pazzo” (ma non era marzo?), come ha fatto ieri – a un congresso di meteorologi a Vienna – il climatologo Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di Biometeorologia del Cnr di Firenze: “Gli anticicloni delle Azzorre e della Siberia – spiegava – che portavano l’estate e l’inverno, si stanno modificando e il risultato è un tempo pazzo. Il fatto è preoccupante, perché le variazioni si avvertono di più”. Eppure i dati dicono che quel che sta accadendo in questi giorni è accaduto – 2004 a parte – più o meno tutti gli anni. Da un decennio, cioè, l’inverno arriva in anticipo (e d’estate fa molto caldo soltanto per pochi giorni, soprattutto in giugno). Non fosse che nessuno (o quasi) ci crede, sarebbero da prendere per buone le teorie del professore canadese Timothy Patterson, direttore del Geoscience Centre della Ottawa-Carleton University, secondo il quale “è il global cooling, non il global warming, il maggior pericolo per il clima mondiale, la cui unica costante nella storia della Terra è che cambia di continuo”.
Alan Patarga
(© Il Foglio, 23 ottobre 2007)
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